martedì 27 febbraio 2018

Sul Pezzo con l'Autore News

Siria, la guerra infinita

La guerra civile (2011-in corso)


Gli inizi (2011-2013)

Il 15 marzo 2011, nell'ambito della primavera araba, hanno luogo le prime manifestazioni di protesta contro il governo. Nei mesi successivi, di fronte alla sanguinosa repressione del governo, in particolare nelle città di Dar'a e Homs, le proteste lasciano il posto alla rivolta armata, che vede inizialmente in prima fila l'Esercito Siriano Libero (ESL), nome dietro il quale operano varie formazioni di ispirazione laica e democratica composte da ufficiali disertori, spesso senza alcun coordinamento le une con le altre, mentre l'opposizione in esilio crea il Consiglio nazionale siriano con sede a Istanbul. In alcune città l'esercito non è in grado di sedare la rivolta. Il presidente Assad cerca di fermare le proteste facendo concessioni, fra cui la nomina di un nuovo governo, la liberazione di centinaia di detenuti politici e l'approvazione, a seguito di un referendum boicottato dalle opposizioni, di una nuova costituzione multipartitica. Fra gli oppositori di Assad è diffusa la convinzione che questi, nell'ambito della liberazione dei prigionieri politici, abbia consapevolmente fatto liberare molti estremisti islamici affinché questi prendessero le redini della ribellione finendo per privarla del sostegno della popolazione siriana e dei Paesi occidentali. Diversi detenuti liberati in questa occasione diventeranno in effetti esponenti di spicco di gruppi islamisti attivi nella guerra civile.
Tuttavia la rivolta prosegue, e mentre l'ESL conquista altre città, nuovi gruppi armati si formano, fra cui al-Nusra, branca siriana di al-Qaida con stretti legami con la controparte irachena chiamata Stato Islamico dell'Iraq, già armata e addestrata da dieci anni di guerra contro il governo iracheno e la coalizione multinazionale. Il governo siriano viene accusato di fare uso di milizie irregolari per ritorsioni crudeli contri ribelli e civili, allo scopo di proteggere l'esercito da accuse di violazioni dei diritti umani. In seguito a varie stragi perpetrate da queste milizie, molti Paesi iniziano a supportare attivamente i gruppi ribelli. Fra questi Paesi vi sono gli Stati Uniti e vari Stati europei, nonché la Turchia, che supporta in prevalenza (ma non solo) l'opposizione moderata dell'ESL, e i Paesi del Golfo Persico (Arabia Saudita in testa), che finanziano i gruppi salafiti. Russia e Iran cominciano invece a supportare il governo dell'alleato Assad.
Nel marzo del 2012 i ribelli attaccano il capoluogo provinciale Idlib, venendo però costretti alla ritirata nel giro di pochi giorni. A maggio l'esercito dà inizio a Homs all'assedio dei quartieri controllati dai ribelli, che si protrarrà per oltre tre anni, suscitando forti proteste da parte delle organizzazioni umanitarie e della cominità internazionale. A luglio i ribelli cercano invece di conquistare la roccaforte filogovernativa di Aleppo e la capitale Damasco. Nel primo caso ha inizio una guerra di posizione che durerà quattro anni, nel secondo i ribelli vengono respinti dopo mesi di sanguinose battaglie verso i quartieri periferici.
I due principali partiti politici del Kurdistan siriano creano un organo politico unitario (il Comitato Supremo Curdo) e una forza armata (le Unità di Protezione Popolare, o YPG), con la quale danno inizio alla liberazione del territorio curdo siriano, che l'esercito abbandona senza quasi combattere.

L'ascesa delle fazioni islamiste (2013-2014)

Nei primi mesi del 2013 gli estremisti di al-Nusra ottengono importanti successi nel nord e nell'est del Paese, impadronendosi fra l'altro della città di Raqqa, che diventerà poi la capitale dello Stato Islamico. Anche il gruppo islamista Ahrar al-Sham si afferma come una delle principali fazioni della ribellione.
A partire da aprile l'esercito governativo riprende terreno grazie all'accresciuto supporto dell'Iran e all'afflusso di miliziani sciiti libanesi di Hezbollah, che da questo momento affiancheranno apertamente le truppe regolari. Viene fra l'altro riconquistata quasi del tutto dalle forze governative Homs.
Ad aprile il leader dello Stato Islamico in Iraq Abu Bakr al-Baghdadi annuncia la fusione del suo gruppo e di al-Nusra nel neonato Stato Islamico dell'Iraq e dello Sham (ISIS), decisione che però viene respinta tanto dal leader di al-Nusra quanto da quello di al-Qaeda Ayman al-Zawahiri. Col tempo, tuttavia, sempre più miliziani di al-Nusra passano all'ISIS, dividendo in due la fazione islamista della ribellione.
In seguito l'ISIS, affiancato da al-Nusra, dichiara guerra ai settori laici della ribellione, cominciando gli scontri sia con l'ESL che con le YPG curde, nel primo caso con un certo successo, nel secondo senza. Vi è chi sostiene che il governo siriano abbia supportato le fazioni islamiste della ribellione per dividere l'opposizione armata e alienarle le simpatie della popolazione. Anche prima della guerra civile la Siria era accusata di tollerare, o addirittura di addestrare, gruppi islamisti della guerriglia irachena per colpire le truppe americane in Iraq e il governo iracheno loro alleato.
Vi è chi ritiene che il governo siriano abbia supportato l'ascesa delle fazioni islamiste della ribellione (e dell'ISIS in particolare) per dividere l'opposizione armata e alienarle le simpatie della popolazion Anche prima della guerra civile Assad era accusato di tollerare, o anche di sostenere, gruppi terroristici
Ad agosto, nel corso dell'avanzata delle forze governative a Damasco, viene registrato l'utilizzo di armi chimiche. L'atto, attribuito non senza polemiche e smentite al regime di Assad, viene fermamente condannato dall'ONU e, poiché il presidente degli Stati Uniti Barack Obama aveva fissato l'utilizzo di armi chimiche come linea rossa da non oltrepassare per evitare una reazione militare internazionale, l'intervento americano sembra imminente. Tale prospettiva è evitata quando il 14 settembre viene raggiunto un accordo sulla distruzione dell'arsenale chimico siriano, con libero accesso ai depositi per il personale ONU.
Nel gennaio 2014 si apre a Ginevra una conferenza di pace a cui partecipano, oltre a numerosi Stati e organizzazioni internazionali, governo siriano, Coalizione nazionale siriana e fronte curdo, mentre le formazioni islamiste rifiutano il dialogo. Nel corso della conferenza viene annunciato l'accordo su una tregua umanitaria di una settimana a Homs, ma nessun accordo politico volto a mettete fine al conflitto viene raggiunto.
Intanto l'ISIS conquista la città irachena di Falluja, capoluogo della provincia dell'Anbar, al confine con la Siria, e si registrano i primi scontri fra al-Nusra e l'ISIS.
Nei mesi successivi l'esercito regolare ottiene diversi successi. A maggio nelle aree controllate dal governo si tengono le prime elezioni presidenziali multipartitiche, boicottate dai ribelli e condannate dai governi occidentali. Assad viene riconfermato con l'88,7% dei voti e un'affluenza dichiarata al 73,42%.

L'assalto dello Stato Islamico (2014-2015)

A giugno l'ISIS prende il controllo con un'offensiva lampo di tutto l'Iraq occidentale, conquistando l'importante città di Mosul e arrivando a pochi chilometri dalla capitale Baghdad. L'organizzazione estremista, ora a capo di un ampio territorio a cavallo fra Siria e Iraq, si impadronisce anche di armi e denaro e libera numerosi detenuti che si uniscono alle sue fila. Il suo leader Abu Bakr al-Baghdadi proclama il 29 giugno la nascita dello Stato Islamico (IS), o Califfato, e invita tutti i musulmani ad aderirvi. Con i nuovi mezzi a sua disposizione, l'IS ottiene diversi successi sul fronte siriano, sia contro gli altri gruppi ribelli che contro il governo.
L'eco internazionale dell'avanzata fulminante dell'IS spinge gli Stati Uniti a porsi alla guida di una coalizione internazionale avente lo scopo di contrastare l'organizzazione estremista, cercando nel contempo di non rafforzare Assad. A settembre cominciano così i bombardamenti, sia in territorio iracheno che siriano, di postazioni dello Stato Islamico e di al-Nusra. L'inclusione di quest'ultima fra gli obiettivi della coalizione suscita malumori anche fra l'opposizione moderata, che lo considera un aiuto al regime. Diverse fazioni dell'opposizione sia moderate che estremiste, fra cui lo Stato Islamico e al-Nusra, firmano un patto di non aggressione per evitare che il loro indebolimento aiuti l'esercito regolare.
Fra il settembre 2014 e il gennaio 2015 ha luogo la battaglia di Kobane, che vede le forze curde riuscire infine a contrastare l'avanzata dell'IS, costringendolo a ripiegare sui soli territori a maggioranza etnica araba. In questo periodo gli Stati Uniti cominciano a supportare le truppe curde.
A marzo numerosi gruppi di opposizione per lo più jihadisti, fra cui Ahrar al-Sham e al-Nusra (ma non lo Stato Islamico), formano una coalizione chiamata Jaish al-Fatah (Esercito della Conquista), che conquista Idlib, seconda città capoluogo di provincia a cadere nelle mani dei ribelli, dopo Raqqa.
A maggio l'ISIS conquista l'antica città di Palmira, dopo che la maggior parte dei reperti archeologici sono stati evacuati per metterli in salvo dal gruppo iconoclasta.
Nel mese di giugno nel nord del Paese le forze curde ottengono importanti successi contro l'ISIS, arrivando a tagliare le linee di approvvigionamento dell'ISIS dalla Turchia e unificando i territori sotto il loro controllo.

L'intervento russo (2015-2016)

Il 30 settembre 2015 la Russia comincia i bombardamenti aerei delle posizioni ribelli (sia dell'ISIS che dell'ESL e di al-Nusra), dando luogo a una modifica dei rapporti di forza in campo a favore delle forze fedeli ad Assad, che pochi mesi dopo terminano la riconquista di Homs. Il supporto russo al governo siriano irrita la Turchia, sponsor dei ribelli, che a novembre arriva ad abbattere un aereo da guerra russo, innescando una dura crisi diplomatica fra i due Paesi.
Fra la fine del 2015 e l'inizio del 2016, la contemporanea (e probabilmente coordinata) avanzata delle forze curde e dell'esercito regolare contro i gruppi ribelli non jihadisti rischia di provocare la disfatta delle forze ribelli nel nord e la chiusura della via di approvvigionamento che dal confine turco va ad Aleppo. Davanti a questa eventualità, la Turchia bombarda le posizioni curde, arrestando l'avanzata delle truppe curde verso la città di Azaz.
L'11 febbraio Stati Uniti e Russia organizzano a Monaco di Baviera una conferenza di pace che vede anche la partecipazione di Arabia Saudita e Iran. Il giorno successivo viene annunciato un accordo su un cessate il fuoco, approvato da governo siriano, forze curde e circa cento gruppi ribelli, ma che esclude le forze jihadiste dello Stato Islamico e di al-Nusra. Il cessate il fuoco entra in vigore il 25 febbraio.
I mesi successivi vedono così un netto arretramento dello Stato Islamico a vantaggio dell'esercito regolare e delle forze curde, mentre le truppe dell'ESL ritrovano respiro e occupano alcune delle posizioni lasciate libere dalla ritirata dell'IS a nord di Aleppo, espandendosi poi lungo un ampio tratto del confine con la Turchia.
Ad aprile nelle zone controllate dal governo si tengono nuove elezioni parlamentari non riconosciute dall'ONU, che vedono una netta vittoria dei candidati legati al partito di governo.
A luglio le forze governative riescono ad accerchiare i ribelli di Aleppo, in parte ancora in mano all'ESL e agli jihadisti di Ahrar al-Sham e di al-Nusra. Nei mesi successivi falliscono vari tentativi di rompere l'assedio, e l'esercito di Assad ottiene importanti successi. Il Fronte al-Nusra cambia nome in Jabhat Fateh al-Sham (Fronte per la Conquista del Levante) e annuncia di aver messo fine ai legami con al-Qaida, con l'obiettivo di far venir meno a Russia e Stati Uniti la giustificazione per i loro bombardamenti. La mossa, approvata da al-Qaida, viene liquidata come ininfluente dagli Stati Uniti. Ad agosto l'esercito regolare bombarda per la prima volta le forze curde, nella città di Hasakah, fino al raggiungimento di una tregua mediata dalla Russia.

L'intervento turco (2016-2017)

In seguito al fallito colpo di stato in Turchia, tornano a essere cordiali i rapporti fra Russia e Turchia, la prima principale alleato internazionale del governo siriano, la seconda dei ribelli. Ad agosto le forze ribelli sottraggono all'IS il controllo di Jarabulus, vicino al confine turco, grazie al sostegno di carri, artiglieria e truppe speciali turche, sancendo il primo intervento diretto della Turchia in territorio siriano, con l'obiettivo di impedire la presa della città da parte delle forze curde, che avrebbe consentito il ricongiungimento dei territori sotto il loro controllo.
Il 15 dicembre, dopo diversi mesi di successi dell'esercito regolare ad Aleppo, viene raggiunto con Russia e Turchia un accordo per la resa degli ultimi ribelli presenti nella città. Una settimana dopo viene annunciata dopo quattro anni la fine dei combattimenti nella città, che torna interamente sotto il controllo del governo.
Il 29 dicembre entra in vigore una nuova tregua mediata da Turchia e Russia e approvata dall'ONU, che coinvolge fra gli altri governo siriano, Ahrar al-Sham e Jaish al-Islam. Secondo l'ONU, nei mesi successivi la tregua nel complesso regge.

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