lunedì 24 novembre 2014

30 OTTOBRE 2014

L'auto si ferma nello spiazzo davanti all'ospedale. Scendiamo per proseguire a piedi nel sentiero che porta al cuore del villaggio in foresta. Dopo circa un quarto d'ora l'erba e gli arbusti diradano permettendo ad un'area circolare di sterrato di mostrarsi ai nostri occhi. da un lato stanno le capanne in muratura (ma col tetto in paglia), sono quelle dove si dorme e dall'altro le capanne in legno e paglia, la cucina. Se guardi dentro vedi i ripiani dove sono allineati, in ordine, spezie, ortaggi, frutta e attrezzi per cucinare; a terra stanno gli otri grandi, quelli dove c'è l'acqua fresca presa al pozzo e le grandi bacinelle contengono legumi e cereali. Da un lato ci sono le pietre larghe e piatte, quelle dove si frantumano i cereali e le arachidi per trasformarli in farina. Le donne mettono su un po' si semi e con un grande sasso li sbriciolano fino a ridurli in polvere. Tutte si affaccendano in cucina, mentre gli uomini stanno seduti in... "salotto" (si fa per dire), cioé lo spazio fra la cucina e la camera con un grande albero in mezzo, che con le sue foglie da un po' di fresco nelle assolate giornate a 40°.


Siamo andati in questo villaggio per parlare con un anziano del posto, per conoscere la storia della gente di Mupoi negli anni passati. E' stato un incontro piacevole, anche se parlare non è così facile, perché c'è sempre il solito problema di lingua. Lui parlava solo Azande e io (che nel frattempo ho iniziato a costruire il mio vocabolario personale), a parte qualche stentata parola Zande, comunicavo con lui grazie a Leone, il referente locale di Sorriso per il Sudan. La conversazione è stata lunga (anche per i tempi di traduzione), ma siamo riusciti ad arrivare in fondo (più o meno).






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