martedì 11 luglio 2023

3 MICROFONI PER LA CRONACA: GUERRE E CONFLITTI NEL MONDO


Differenze fra «guerra» e «conflitto armato:» non sono sinonimi, nel linguaggio tecnico. Le parole della guerra diventano di triste attualità anche per i traduttori, in una situazione di crisi. Vi sono termini che sembrano equivalenti, ma ciascuno ha un diverso contenuto politico-giuridico. Le conseguenze sull’applicazione del diritto internazionale e delle tutele umanitarie in caso di guerra.




Nel linguaggio delle relazioni internazionali, il termine conflitto non si riferisce sempre a una guerra. Indica qualunque forma di contrasto fra due o più parti, anche non armato e non in grado di mettere in pericolo la pace. Il conflitto è diverso dalla competizione: quando competono, due o più parti si scontrano per conseguire un obiettivo; un conflitto, invece, può nascere da divergenze di vedute o di condotta, non mirate a una volontà di prevalenza.
Un conflitto si compone di due elementi: l’oggetto della controversia e un’azione concreta per risolverla. Tuttavia, un conflitto può essere accantonato anche con metodi pacifici, che non minano il mantenimento della pace. Per questo motivo è interessante notare che la Carta delle Nazioni unite non usa mai il termine conflitto: parla di minacce alla pace, di violazione della pace, di uso della forza, di violazione dell’integrità territoriale, etc. Per costituire giuridicamente la fattispecie, nel diritto internazionale, è necessario indicare con concretezza cosa stia minando le relazioni pacifiche tra gli Stati 
(v. Quincy Wright, >International Conflicts and United Nations, World Politics, Vol. 10, N. 1, ottobre 1957, pag. 24-48, Cambridge University Press, 1957).

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Sembra contraddittorio, che una guerra sia regolata da norme del diritto internazionale. Eppure, per quanto difficile da applicare, in molti casi il diritto internazionale di guerra (jus in bello) riesce a limitare i danni di uno scontro armato. Fra i documenti fondativi c’è la >Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra. Vi sono poi trattati internazionali sull’uso degli armamenti, che vietano l’impiego di armi particolarmente distruttive o la mira su obiettivi civili. Altre convenzioni regolano la punizione dei crimini di guerra e tutelano il patrimonio artistico e culturale in caso di scontro.
Le convenzioni internazionali sono firmate e ratificate dagli Stati. Il diritto internazionale di guerra presuppone che a combattere siano i cosiddetti legittimi combattenti, cioè le forze armate statali regolari. Ciò lo rende difficile da applicare quando le azioni violente sono compiute da gruppi terroristici o paramilitari, poiché questi non hanno il profilo riconosciuto di Stati.
Oggi, purtroppo, vi sono organizzazioni criminali e milizie private che hanno potenzialità simili a quelle degli eserciti di Stato. Sono in grado di condurre operazioni che recano distruzioni analoghe a quelle di una guerra: ricordiamo l’attentato dell’11 settembre 2001 alle Torri gemelle di New York, compiuto da un gruppo terroristico internazionale, oppure gli interventi della milizia privata russa Wagner, in varie parti del mondo. Lo stesso deve dirsi per gli scontri interni causati da raggruppamenti criminali, come accade in alcuni Paesi dell’America latina: comportano violenze inaudite, ma non sono compiuti da Stati e da eserciti statali.

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