domenica 31 agosto 2014

30 AGOSTO 2014


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LE GUERRE ARABO-ISRAELIANE
La guerra dal 1948 al 1949

La nascita ufficiale dei due Stati in Palestina era stata fissata dall'Onu nel 1948, ma essa non ebbe mai luogo. Infatti, non appena i britannici ebbero lasciato la zona, la Lega Araba, che non aveva accettato la risoluzione dell'Onu, scatenò una guerra "di liberazione" contro Israele.
Gli Israeliani, che durante gli ultimi trent'anni si erano organizzati militarmente in gruppi come Haganah e Palmach e in formazioni d'impronta terroristica come l'Irgun e la Banda Stern che confluiranno in questo momento nell'Idf, Israel Defense Forces, detto Tzahal, dimostrarono subito un'imprevista capacità bellica, che, unita alla forte immigrazione, che vedeva tra i nuovi arrivati molti veterani della seconda guerra mondiale, e l'acquisto, in parte violando anche un embargo durante una tregua, di armi dalla Cecoslovacchia, permise loro non solo di resistere agli eserciti arabi ma anche di contrattaccare e di occupare militarmente gran parte della Palestina, a eccezione della striscia di Gaza e della Cisgiordania, rispettivamente occupate dall'esercito dell'Egitto e dalla Legione Araba dell'emirato di Transgiordania, poi Regno di Giordania, che considerarono comunque quei territori palestinesi come "un sacro deposito" da restituire al futuro Stato indipendente di Palestina non appena questi avesse avuto il modo di costituirsi, come ebbe a dichiarare l'Emiro ʿAbd Allāh di Transgiordania.
Vi furono due periodi di tregua gestiti dall'Onu, con la presentazione di nuovi piani per la ripartizione del territorio che vennero rifiutati da entrambe le parti in causa. Durante la seconda tregua venne assassinato il mediatore dell'Onu, conte Folke Bernadotte, da parte di alcuni uomini del Lehi, un'organizzazione armata di matrice sionista.
In breve, dopo la catastrofe militare degli eserciti invasori, si ritrovò un unico Stato, quello israeliano, impegnato a difendere quanto già conseguito sul campo di battaglia e a ottenere l'intero controllo del territorio palestinese tramite il proprio esercito. L'azione combinata della propaganda araba, basata sullo slogan tornerete nelle terre liberate, della guerra in sé e della pressione psicologica, e in alcuni casi di veri e propri massacri come quello di Deir Yassin, di frange politiche israeliane, misero in fuga buona parte della popolazione araba e la estromisero definitivamente dalle proprie terre, costringendola di fatto a rifugiarsi in campi profughi malamente attrezzati nei paesi arabi limitrofi, che da allora si sono sempre disinteressati della normalizzazione della vita dei palestinesi lì rifugiati, il più delle volte in grado di sopravvivere solo grazie alle razioni alimentari elargite dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Unrrwa.
La popolazione palestinese cominciò a subire un'occupazione che spinse molte famiglie a emigrare nei paesi vicini e meno vicini, essenzialmente nell'area del Golfo Persico, in quei campi profughi che accolsero in quel periodo oltre la metà della popolazione palestinese.
Circa 800.000 ebrei, residenti da generazioni in nazioni arabe, furono costretti a emigrare a causa del clima di tensione che si era venuto a creare dopo questa guerra; di questi, circa 600.000 emigrarono nel neonato stato di Israele.
L'11 dicembre 1948 l'Onu emise la risoluzione 194, che rimase per larga parte non attuata e che tra le altre cose prevedeva la demilitarizzazione di Gerusalemme, il cui controllo doveva passare all'Onu, e la restituzione, o il rimborso, dei beni e delle proprietà dei rifugiati, arabi in territorio israeliano e i pochi ebrei in territorio arabo, che volessero tornare a casa dopo la guerra, la risoluzione si apriva citando l'omicidio di Folke Bernadotte.
A partire dalla seconda metà degli anni cinquanta si aprì una nuova fase del conflitto, che vide nel presidente egiziano Gamāl ʿAbd al-Nāṣer il leader carismatico di ciò che fu chiamato "Panarabismo".


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