MORI
Il termine moro è usato in contesto non-islamico per indicare i musulmani, specialmente berberi (gli Arabi erano chiamati Saraceni o Agareni) che popolarono parte non trascurabile della Penisola iberica per oltre 800 anni e la Sicilia per 264 anni, dall'827 al 1091, e che tuttora costituiscono l'elemento fondamentale autoctono nordafricano. Il termine fu coniato dal tardo latino Mōrus, che proviene da Maurus, "Mauro, abitante della Mauretania".
Infatti la massima parte dei musulmani nella penisola iberica non erano Arabi ma Berberi, abitanti del Nordafrica, nella tarda latinità la Mauretania comprendeva anche gran parte dell'antica Numidia. Il termine Mori o Mauri è stato a lungo usato per indicare i nordafricani in contrapposizione a europei, Arabi e Turchi, prima che prendesse piede l'uso improprio, diffuso soprattutto a partire dall'epoca di Napoleone III, di chiamare indistintamente Arabi tutti i nordafricani musulmani.
Il termine "Moro" è a lungo servito all'epoca a tracciare una netta linea demarcativa non solo religiosa ma anche "etnica" fra gli abitanti cristiani dell'Europa e i musulmani. "Moro" si è infatti sovrapposto alla parola mediterranea, attestata anche nel greco, che indica qualcosa di scuro, scuro di carnagione o di colore bruno in generale, caratteristica questa sostanzialmente presente nell'elemento berbero.
ARABI
Gli arabi sono una popolazione semitica, originaria della Penisola arabica, che, col sorgere dell'Islam, ha guadagnato a partire dal VII secolo grande rilevanza nella scena storica mondiale.
La parola non ha etimo certo, sembra stia a significare "nomadi", e viene utilizzata da tutte le fonti antiche delle popolazioni confinanti: assire, la Bibbia, carab, le fonti greche, latine, arabes, i testi sudarabici e aramaici, ad indicare i nomadi del deserto loro confinanti, indipendentemente dal fatto che fossero di lingua araba o meno, poiché nessuna di queste denominazioni sembrano avere connotazione linguistica.
Dal punto di vista linguistico, è annoverata solo qualche iscrizione in lingua araba o con arabismi ma tutte scritte con altri alfabeti, ad eccezione della stele di Namara del 329 d.C.
Tra il II e il V secolo d.C. gli arabi come aggregato di tribù scompaiono dalle fonti. Ricompaiono nel IV-V secolo come minoranza di confine a sud nel regno himyarita e a nord nel regno ghassanide. In questo periodo gli arabofoni, con particolare riferimento ai personaggi scelti come illustri precursori dagli scolastici arabo-islamici, scrivono in altre lingue: greco, aramaico e sabeo.
È solo nel VII secolo che l'arabo e gli arabi si affacciano al mondo grazie al Corano e alla fede islamica. Nei primi periodi dall'egira, mediante una rilettura storica del periodo preislamico per esigenze politiche, piuttosto che linguistiche, i beduini preislamici sono stati raggruppati, in due blocchi: gli carab ariba "arabi puri" perché parlanti l'arabo, che risalgono all'eponimo yemenita Qahtan, e gli carab mustacriba "arabi arabizzati", cioè popolazioni con stile di vita assimilabile, ma che hanno imparato la lingua sacra dalle tribù arabofone, risalenti a cAdnan. In maniera sorprendente, la tribù Quraysh, quella di Maometto, appartiene agli cadnaniti, probabilmente per bilanciare l'equilibrio tra le due fazioni politiche, poiché i quahtaniti non potevano vantare parentele col Profeta.
Secondo Retso furono gli omayyadi che poi si arrogarono il termine "arabi", lasciando ai più recenti correligionari l'etnonimo di appartenenza (siriani, persiani, ...).
La religione dell'Islam, che è anche una filosofia di vita, ha sottomesso a un'unica civiltà popolazioni di nazioni, origine, lingua e cultura diverse, mischiandole fino a renderle omogenee, e quindi è legittimo trattarne la storia in modo unitario e organico.
Cheb Khaled _ Aisha
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