Questo anno nei giorni di festa, pubblicherò un mio racconto inedito.
Con tanti auguri di Buone Feste!
QUELLE FANTASTICHE VACANZE IN GRECIA
Quel cielo azzurro, pennellato di nuvole
bianche, quel sole caldo, quel venticello che tergeva l'aria e la nitidezza
della giornata lo riportarono al giorno della partenza dal molo di Napoli.
Simone e la sua famiglia erano in partenza per trascorrere le vacanze in
Grecia...
Il viaggio trascorse ameno e pigro, fra
cene ricercate e feste danzanti...
La mamma, la contessa Eugenia, era una
donna bellissima, minuta, raffinata, il viso stupendo incorniciato da capelli
nerissimi, che mettevano in risalto i suoi dolcissimi occhi azzurri che
brillavano come pietre preziose. La sua eleganza di una semplicità così accentuata
la rendeva una figura evanescente, quasi una divinità e la sua classe faceva di
lei una donna misteriosa ed irraggiungibile, persino per il suo adorato Simone,
anche se non poteva ammettere questa sua predilezione per lui...Il conte
Alfonso non glielo avrebbe mai perdonato!
Che bello, il ricordo di sua madre che
danzava felice con il conte Alfonso, durante i balli che si facevano alla sera
sul piroscafo...
Naturalmente,
Simone non era presente, almeno non ufficialmente, infatti, come sempre, ad una
certa ora i bambini andavano a letto. E lui, eccitato dalle aspettative della
vacanza, molte volte stentava a prendere sonno, allora, sgattaiolava,
furtivamente, fuori dalla sua stanza per andare sul ponte a guardare il mare.
Per raggiungere il ponte, doveva attraversare diversi corridoi e fiancheggiare
i saloni dove si svolgevano le feste. Dall'esterno, nascosto dall'oscurità,
riusciva a vedere l'interno dove i passeggeri danzavano, e quando scorgeva sua
madre rimaneva a lungo incantato a guardarla...Provava per lei un'infinita
tenerezza e l'amava come di più un figlio non potrebbe.
Simone, dal suo balcone osservava quel
cielo così azzurro, e ripensava alle notti trascorse sul ponte a guardare il
blu del cielo che si confondeva col colore del mare e si sentiva sopraffare
dall'emozione mentre rincorreva i suoi sogni di bambino.
E
ricordò, d'improvviso, una notte in particolare, lì dal suo punto
d'osservazione, così lo aveva soprannominato...
Il cielo ed il mare erano un tutt'uno, di un blu profondo e limpido, la luna era un globo bianco e splendente e rifletteva la sua luce sul mare disegnando un raggio così grande, che a lui, bimbo di cinque anni, sembrava un misterioso segno del cielo che gli indicava il cammino. Ad occhi aperti, si perse nel suo sogno: incominciò a camminare sul quel nastro argentato verso la grande luna, immaginò di essere una creatura dello spazio infinito...E camminava, camminava, ma più camminava più la strada si allungava, alla fine, però riusciva a raggiungere quel globo pieno di misteri e arrampicandosi sui suoi fianchi scopriva terre meravigliose, abitate da creature bellissime, sentiva profumi soavi e canti melodiosi, e poi d'un tratto ruscelli da attraversare e boschi dentro i quali inoltrarsi e dopo, il buio, immenso e nero, che lo terrorizzava ma lui continuava ad avanzare per scoprire cosa ci fosse oltre. Da quel buio proveniva soltanto un silenzio forte ed intenso che quasi lo riusciva a stringere con la mano. Dopo averlo oltrepassato, finalmente, raggiungeva un posto strano, che gli infondeva un incredibile benessere, sembrava fatato, così argenteo e così immobile, tutto ciò che vedeva era bellissimo ma cristallizzato da una impercettibile magia...E, quando poi, ritornò alla realtà, si avviò verso la sua cabina, portando con sé il suo sogno, che custodì gelosamente...Eh già! Perché se il conte Alfonso lo avesse scoperto, sarebbero stati dolori!
...Quel
pomeriggio, lui ed il conte avevano avuto una conversazione, ed il conte era
stato molto esplicito: "Simone," aveva detto "tu, sei il mio
unico figlio maschio, almeno per ora, e comunque sarà, sarai il maggiore,
quindi sappi che ripongo su te molte speranze, ho la convinzione che crescendo
sarai capace di rispettare il buon nome che porti e che risponderai concretamente
alle mie aspettative, quindi, per favore, già fin d'ora voglio vedere un
bambino che si dimostri attivo e diligente, che farà germogliare il buon seme
che gli è stato instillato, dedicandosi a cose concrete". Simone, in
silenzio, rifletteva su quanto suo...il conte gli aveva appena rimarcato,
infine, rispondeva: "Si, certo, sarà come vuoi tu!", ma tra sé e sé
rimuginava che forse, avrebbe potuto andare anche diversamente da come il conte
Alfonso pensava, purtroppo, era soltanto un bambino e ancora non aveva la
capacità di opporsi a sua eccellenza, ma quando fosse diventato grande, allora
si che...
Simone si sentiva ancora immensamente
triste e frustrato al ricordo di come erano andate poi le cose fra lui e...suo
padre, oggi a sessantadue anni, imponendoselo, riusciva faticosamente a
chiamare il conte, mio padre...Dio, da bambino quante volte avrebbe desiderato
chiamarlo...papà, corrergli incontro, abbracciarlo e farsi coccolare...Ma, non
aveva mai nemmeno osato pensarlo!...
E il ricordo struggente di quel magnifico
viaggio lo avvolse...lo riportò indietro di tanti e tanti anni...
Attraccarono nel porto di Atene in una
giornata assolata, mossa soltanto da un vento caldo come il fuoco, benché
fossero soltanto le dieci del mattino.
Trovarono
ad attenderli i loro amici più cari, che erano arrivati già da una settimana,
il marchese Filiberto, sua moglie donna Adalgisa ed i loro due figli Virginia e
Ludovico. Avrebbero trascorso un paio di giorni per visitare la città e
riposarsi del lungo viaggio; poi, si sarebbero trasferiti sull'isola di Rodi,
dove il marchese aveva una residenza. Sarebbero stati loro ospiti ed avrebbero
trascorso una lunga vacanza insieme. La gioia di Simone era indescrivibile.
Lui, Ludovico e Virginia sarebbero stati insieme, inseparabili, tanto e tanto
tempo!
Durante il viaggio per Rodi, Simone e
Ludovico scoprirono insieme la stessa passione per il mare. Erano come
affascinati da quell'immensa distesa di acqua blu, che nascondeva loro tanti
misteri.
"Tu
credi che sotto la superficie esista un mondo come il nostro?" esordì un
giorno Ludovico rivolgendosi a Simone, "Si", rispose l'amico,
"credo che vi siano delle città sommerse uguali alle nostre", "E
le persone", incalzò Ludovico, "come te le immagini?" "Oh,
penso che vi siano sirene e tritoni, non proprio persone come noi. Però credo
che facciano alcune delle cose che facciamo noi e molte altre che noi non
conosciamo...E tu che pensi?", Ludovico ci pensò su un attimo e disse
"Sai mi piacerebbe scoprire cosa c'è sul fondo del mare, intendo dire
proprio vederlo con i miei occhi...Un giorno, quando sarò più grande voglio
tuffarmi nel mare e nuotare fino a raggiungere il fondo, aspettare le creature
del mare ed insieme a loro imparare come vivono nel loro ambiente". Simone
raccontò a Ludovico di aver già avuto un esperienza simile, sulla luna, ma che
nessuno era venuto a prenderlo e gli raccontò del posto fatato che aveva
scoperto.
Il porto di Rodi li accolse con
quarantacinque gradi all'ombra, il suo caldissimo vento, le colonne che un
tempo reggevano il colosso (così spiegò il conte Alfonso) ed il vociare festoso
di cui brulicava la banchina. Infine, raggiunsero la casa dei marchesi che si
offriva, a chi vi si avvicinava, lussuosa ed imponente, bianca col magnifico
colonnato che indicava l'ingresso al visitatore, completamente circondata da
palme, piante grasse e terra inaridita dal sole incandescente.
Dopo i soliti convenevoli, che la situazione
imponeva, erano tutti straordinariamente felici di ritirarsi nelle rispettive
stanze per rinfrescarsi e riposare.
Si ritrovavano tutti nel salone poco prima
di cena.
Donna
Adalgisa e donna Eugenia conversavano amenamente: "La Grecia è un paese
stupendo", osservava la marchesa, "E’ un luogo che ti incanta per la
bellezza dei suoi paesaggi ed il mistero delle sue leggende sugli dei
dell'Olimpo", "Già", disse la contessa, "E’ così selvaggio
e arido, quanto è selvaggia e calorosa la gente che vi abita. Persone che
sembrano chiuse e distanti, ma in realtà sanno lasciarsi andare a slanci di
passione incredibile"... Eugenia si rese conto subito, di aver avviato un
discorso che avrebbe sicuramente infastidito suo marito...Egli aborriva al di
là di ogni altra cosa la passionalità e l'impulsività. Infatti, sosteneva che
l'uomo, in quanto tale, doveva differenziarsi dalla bestia, perché poteva usare
la ragione. Soprattutto, doveva saper esercitare l'autocontrollo, tanto più se
questi appartenenva ad un ceto privilegiato...
Così,
dopo quell'esordio, che ammetteva la possibilità per l'animo umano di essere
guidato dall'istinto, senza per questo caratterizzare un essere inferiore,
donna Eugenia riportò il discorso su un piano più mondano e chiese all'amica:
"
Quali sono le feste della stagione?" e donna Adalgisa che ben la
conosceva, ma soprattutto conosceva le filosofie del conte Alfonso, iniziò un
lungo elenco di appuntamenti mondani che si sarebbero tenuti quell'anno.
L'amicizia fra le due donne datava molti
anni, ancor prima dei rispettivi, fortunati matrimoni, quando ancora erano due
signorine della buona società, che frequentavano lo stesso collegio. La loro confidenza e la loro intimità erano
sempre state molto grandi, perciò conoscevano perfettamente l'una i pensieri
dell'altra e sapevano quali cose esse pensassero realmente, anche quando per
convenzione sociale erano obbligate a dire qualcos'altro.
Quei giorni indimenticabili si
susseguirono a ritmo incalzante fra gite in barca, bagni di sole e di mare,
ristoratrici soste nelle vicine terme di Kallithea, escursioni e feste...
...Oggi, dopo tanti e tanti anni, Simone
ricordava in particolare una di quelle escursioni. Era stata quasi un'avventura
a metà tra sogno e realtà...
...Quel mattino, si erano alzati molto
presto; poco dopo l'alba, dovevano imbarcarsi per fare il giro dell'isola.
Navigarono a lungo, prima di attraccare, per una sosta di un
giorno,
nel porto di Lindos, da cui ripartirono il giorno seguente verso un posto
chiamato Prassonissi.
Simone e Ludovico avevano fantasticato
molto su ciò che avrebbero fatto una volta giunti a destinazione, erano
assolutamente decisi a scoprire se non proprio tutti, almeno qualcuno, o anche
soltanto uno, dei tanti segreti dell'amico mare.
"Ci
metteremo le mute, prenderemo i fucili e ci immergeremo" diceva Ludovico,
"Si, e poi, quando incontreremo le creature del mare ci faremo
accompagnare a vedere tutte le meraviglie sommerse. Tanto noi non avremo
nessuna paura, siamo in due e siamo molto amici, avremo anche i fucili, e caso
mai saremo noi a spaventare loro", concludeva Simone.
Poi
si fecero una promessa, "Simone", disse Ludovico, "quando sarò
più grande voglio studiare il mare e tutto ciò che ne fa parte, e poi partire a
scoprire cose nuove, come fanno gli esploratori sulla terraferma. Diventerò
così importante che le creature del mare mi chiederanno di diventare il loro
portavoce e tutta l'umanità mi ammirerà per questo. Simone, io vorrei fare
questo con te, a te non piacerebbe?", ed il suo migliore amico rispose
"Si, tantissimo, però mi piacerebbe anche scoprire i segreti della luna.
Tu, ci verresti sulla luna?", "Si", "Diventeremo i due più
grandi scienziati di tutto l'universo, perché saremo bravissimi ed
invincibili... perché siamo
amici...", e Ludovico chiese "E lo saremo per sempre vero?",
"Qualunque cosa succeda!".
I loro progetti si intensificarono e
fervettero le idee, ma il loro coraggio di bambini, di cinque e sette, anni si
affievolì di fronte allo spettacolo che riservò loro Prassonissi.
Quel luogo incantato e paradisiaco si
offriva ai loro teneri occhi come una magia di Circe, di cui avevano sentito
raccontare dai loro genitori.
Una
striscia di terra lunga e stretta separava due mari che sembravano due dei
contrapposti: l'uno buono, calmo e pacato e l'altro rabbioso, vendicativo ed
irruente. Un sole caldo e bruciante rendeva quello spettacolo così
straordinario da sembrare una visione. Tutti ne rimasero affascinati, persino
il conte Alfonso, che non era solito lasciarsi sfuggire commenti dettati
dall'impulso, disse: "Questo luogo è davvero terra degli dei, non ho mai
visto nulla che fosse così bello, sembra un miraggio!".
Virginia che sentiva per Simone una grande
simpatia, gli si avvicinò e gli chiese di osservare insieme quel miracolo della
natura, ed aggiunse: "Solo Dio può aver creato qualcosa di così perfetto,
Suor Maria Celeste ha detto che è Lui ad aver creato tutto ciò che
esiste".
Quando scesero sulla spiaggia Virginia e
Simone continuavano a guardare affascinati i due mari, tenendosi per mano.
Ricominciarono a parlare e si persero in un discorso fantastico, di quelli che
soltanto i bambini sanno fare...
...Sul suo balcone, Simone sorrise con
tenerezza, al ricordo dei due bambini che si tenevano per mano e discorrevano
di cose soprannaturali, con l'intensità degli adulti quando sono impegnati in
questioni di grande importanza...
...Fu allora, che si fecero una promessa,
che li segnò entrambi per tutta la vita, come un marchio a fuoco nel loro
cuore.
Avevano
parlato dei loro sogni di bambini, e di ciò che avrebbero voluto una volta cresciuti.
Virginia
aveva raccontato una leggenda a Simone, quella che narrava di quando Venere
incontrava Marte, e poi aggiunse "Anche io quando sarò grande voglio
sposare Marte...", Simone scoppiò in una risata e le disse: " Tu sei
una persona non puoi sposare un dio", lei si offuscò, evidentemente
dispiaciuta della risata di Simone, ed aggiunse, timidamente: "Non
intendevo dire proprio lui in persona, ma uno che...sia bello come lui, che
abbia il suo coraggio, la sua forza, che gli assomigli insomma...". Simone,
rendendosi conto di aver urtato la sensibilità della sua amica, cercò un buon
modo per farsi perdonare...Dopo essere stato per un po' in silenzio, le disse
con tono solenne "Virginia, quando noi saremo grandi, ed io sarò diventato
il più grande scienziato dell'universo...io...", si interruppe, arrossendo
per l'imbarazzo. "Dunque", lo incalzò Virginia, "quando tu sarai
un grande scienziato...che cosa?", "E tu, sarai...una donna, no, così
non va bene...tu per me potresti... quando saremo grandi...tu potresti essere
Venere per me e...se io potessi sembrarti, non proprio tanto, ma forse un
po'...io potrei essere Marte...Potremmo sposarci. Si proprio così! Quando
saremo grandi e io sarò un grande scienziato ci sposeremo così tu farai la
moglie! Che cosa ne pensi?", Virginia era una bambina sempre molto
riflessiva e dopo un tempo, che a Simone, irruente com'era, era sembrato
un'eternità, rispose: "Facciamo un patto, io non mi sposerò mai, se non
con te, e tu non ti sposerai mai, se non con me. Giura insieme a me. Facciamo
uno degli incantesimi della maga Circe, così il nostro patto non si romperà
mai!" "E, va bene!", rispose Simone che cominciava a stufarsi di
quel gioco che appassionava tanto Virginia. Lui era tutto preso dai suoi
progetti come scienziato, insomma! Quella era la cosa importante, il resto
veniva tutto dopo!
Lui e Ludovico andarono a fare il bagno, e
mentre entravano nelle acque del mare calmo, si immergevano di nuovo nei loro
sogni...
... Il cinguettio dei passerotti riportò
Simone alla realtà, mentalmente incominciò a fare l'elenco delle cose che gli
occorrevano per il ricovero in ospedale, e cominciò a chiedersi se
effettivamente avesse già acquistato ogni cosa. Dopo averci pensato per almeno
cinque minuti realizzò di aver già predisposto tutto. Cosa importante,
assolutamente da prendere, la penna...
...E la sua mente tornò ad una penna d'oro
zecchino, tutta intarsiata, era quella che abitualmente usava il conte Alfonso.
La usò anche quando finita la guerra
dovette firmare una lunga pila di documenti che sancivano la perdita di tutti i
loro beni e con essi tutti i privilegi, nonché l'inizio di una nuova era, a
loro del tutto sconosciuta, fatta di miseria e di stenti!
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