martedì 11 giugno 2024

DALLA PARTE DELLE VITTIME

La violenza economica è il sopruso di chi, approfittando della propria posizione di superiorità patrimoniale, impone la propria volontà sulla vittima che ha bisogno di sostegno economico.
Detto in altri termini, commette violenza economica la persona che, abusando del fatto che qualcun altro dipende economicamente da lei, ne approfitta per imporre condizioni e perfino ricatti.
È il caso del marito che minaccia la moglie disoccupata di non darle i soldi necessari a soddisfare le più comuni esigenze di vita. In un caso del genere, l’uomo commette una vera e propria violenza economica perché approfitta della sua disponibilità di denaro per ricattare la donna oppure per umiliarla.
La legge non conosce il reato di violenza economica. Ciò significa che, in linea di massima, la violenza economica non costituisce un crimine.
Tuttavia, se questo tipo di abuso dovesse costantemente ripetersi nel tempo contro il convivente potrebbe anche integrarsi il delitto di maltrattamenti in famiglia, punito con la reclusione da tre a sette anni.

Secondo la giurisprudenza, i maltrattamenti di cui parla la legge non devono necessariamente consistere in percosse, potendo rientrare in essi anche gli abusi psicologici, le mortificazioni e le vessazioni di ogni tipo.
E così, se fa scattare il reato di maltrattamenti la condotta del marito che non perde occasione di umiliare la moglie con insulti costanti, alla stessa conclusione potrebbe giungersi nell’ipotesi in cui l’uomo riesca a ottenere il medesimo risultato ricorrendo agli stratagemmi tipici della violenza economica.

Si pensi al marito che mortifica la moglie negandole il necessario sostegno economico che dovrebbe esserci in una famiglia, oppure all’uomo che impedisca alla compagna di avere un conto personale o quantomeno cointestato, o ancora che le nega i soldi per comprarsi un vestito nuovo.
Insomma: il costante abuso della propria posizione di superiorità economica, a lungo andare, potrebbe trasformarsi in un maltrattamento penalmente perseguibile.

Se la violenza economica raramente costituisce reato, può invece diventare molto più facilmente una condotta punibile sotto il profilo civile.
Innanzitutto, il coniuge che si macchia di violenza economica infrange l’obbligo di legge per cui marito e moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
Nello specifico, il Codice civile stabilisce che dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale e alla collaborazione nell’interesse della famiglia.

È chiaro che il marito che negasse i soldi alla moglie che non lavora perché si occupa della casa commetterebbe una violazione di questi obblighi, con conseguente possibilità della donna di chiedere la separazione (eventualmente, anche con addebito).
Ma c’è di più. A prescindere dalla commissione di reato, la legge consente di chiedere al giudice un ordine di protezione contro gli abusi dei familiari.

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