Dopo la dissoluzione della Cecoslovacchia il nazionalismo slovacco assunse una connotazione anti-ungherese. Le pressioni della comunità internazionale e le preoccupazioni legate ai rischi di un fallimento del processo di integrazione del Paese nell'UE hanno però mitigato le concrete manifestazioni di discriminazione. Nel 1995 si arrivò a un “trattato di buon vicinato e amichevole collaborazione” tra Ungheria e Slovacchia. Quest'ultima però ne dette un'interpretazione restrittiva, mantenendo lo slovacco come lingua ufficiale del Paese, in netto contrasto con l'impegno — assunto nell'accordo — di difendere i diritti della consistente minoranza magiara, fra i quali il pieno riconoscimento del diritto all'insegnamento nella propria lingua madre, oltre che al suo uso nei procedimenti amministrativi e nei documenti. La riorganizzazione del territorio operata nel 1997, che ha portato il numero delle regioni da 4 a 8 (con 79 distretti), ha poi inciso negativamente sulla possibilità di ottenere qualche diritto in più (ad esempio sul modello alto-atesino) da parte della minoranza ungherese, che adesso si trova divisa tra quattro regioni. Tale carattere anti-ungherese è stato poi successivamente rimarcato dalla nuova legge sulle lingue minoritarie, il cui uso pubblico è stato vietato e sanzionato con pesanti multe (fino a 5 000 euro) e, in risposta alla legge ungherese che considera cittadini della nazione anche coloro che vivono al di fuori del Paese, da un'altra norma che dispone la revoca della cittadinanza slovacca se un cittadino ne richiede un'altra.
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