PROLOGO
Sul sagrato della chiesa dove tante volte da
ragazzi ci eravamo incontrati il caldo era soffocante. La folla si accalcava e
lugubri rintocchi squarciavano il vecchio paese. Sempre più forti. Il rombo
lento del carro funebre si spense. Marco era arrivato.
L’organo urlava il requiem e quattro uomini
con la bara a spalle procedevano lungo la navata.
Don Luciano, parroco da più di quarant’anni,
ci aveva visti crescere. Celebrò la funzione con gli occhi lucidi. Salimmo al
cimitero dal viale di ghiaia.
Perché non avevano alberato di cipressi tutta
la strada, ma solo l’ultimo tratto?
Qualcuno chiese quando lo avessimo visto o
sentito l’ultima volta.
Indagava sull’omicidio di un indio che
avevano trovato sei mesi prima in Amazzonia. Non ci vedeva chiaro. Così aveva
iniziato a cercare notizie, del cantiere, degli operai, di cosa stessero
facendo. Tre mesi dopo chiamò Andrea. Forse aveva trovato qualcosa. Rientrava
in Italia. Andrea non sapeva altro. Il fratello lo informò della morte. I suoi
andarono a Manaus. Le formalità andarono per le lunghe, e non videro Marco fino
al giorno successivo, in obitorio. Un inserviente, aprì la cella e sollevò il
lenzuolo senza tanti riguardi. Lo riconobbero dall’anello a testa d’ariete.
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