sabato 12 gennaio 2019

12 GENNAIO 2019

BRASILE PARTE 194

POPOLAZIONE PARTE RI

Popoli indigeni del Brasile P4

Gli indios dopo la colonizzazione europea

Primi contatti

Quando gli esploratori portoghesi arrivarono in Brasile per la prima volta, nel 1500, trovarono, con grande sorpresa, una costiera densamente abitata da centinaia di migliaia di indigeni, un "paradiso" di ricchezze naturali. Pêro Vaz de Caminha, lo scrivano ufficiale di Pedro Álvares Cabral, il comandante della flotta che sbarcò nell'attuale stato brasiliano di Bahia, scrisse una lettera al re del Portogallo che descrive in termini appassionati la bellezza di quelle terre.
Al tempo della scoperta europea, si stima che nell'odierno Brasile vivessero 11 milioni di indigeni divisi in circa 2.000 tribù. I popoli indigeni erano per lo più tribù semi-nomadi che vivevano di caccia e pesca. Per centinaia di anni avevano vissuto una vita semi-nomade servendosi della foresta per le proprie necessità. All'arrivo dei portoghesi nel 1500, gli indigeni vivevano soprattutto sulla costa e lungo gli argini dei fiumi principali. Inizialmente, gli europei videro i nativi come "nobili selvaggi", e si mescolarono con loro.
Poi, con la scusa delle guerre tra le tribù, il cannibalismo, e l'ambizione al pregiato legname di Pau brasil i portoghesi iniziarono a "civilizzare" gli indigeni (originariamente i coloni chiamavano il Brasile Terra de Santa Cruz, e solo più tardi acquisì il nome attuale, che deriva proprio dalla suddetta varietà di legname). Ma i portoghesi, come gli spagnoli nelle proprie colonie, avevano inconsapevolmente portato con loro malattie verso cui gli indigeni non avevano immunità, come morbillo, vaiolo, tubercolosi ed influenza, che provocarono migliaia di morti. La diffusione delle malattie nell'entroterra, attraverso le rotte commerciali, decimò diverse tribù senza nemmeno che queste entrassero in diretto contatto con gli europei. Si stima che nel primo secolo dal contatto circa il 90% degli indigeni fu spazzato via.

La schiavitù e le Bandeiras

Intendendo trarre profitto dal commercio dello zucchero, i portoghesi decisero di piantare la canna da zucchero in Brasile, ed utilizzare schiavi indigeni come forza lavoro, così come si faceva all'epoca nelle colonie spagnole. Ma gli indigeni non si lasciarono catturare facilmente, e molti morirono a causa delle malattie europee. Così i portoghesi cominciarono ad importare schiavi dall'Africa, un commercio conveniente in quanto il Portogallo quasi lo monopolizzava. Sebbene nel 1570 re Sebastiano I ordinasse che gli indigeni brasiliani non fossero più utilizzati come schiavi e che quelli attualmente tenuti in cattività fossero liberati, fu solo nel 1755 che terminò definitivamente la schiavitù degli indigeni.Il sentimento di meraviglia e le buone relazioni fra i nativi e i visitatori durarono assai poco. I coloni portoghesi, tutti maschi, cominciarono a procreare con le donne indios, dando origine ad una generazione meticcia che parlava gli idiomi indios. Questa generazione divenne ben presto la maggioranza della popolazione e cominciò a sfruttare per i lavori nei campi i nativi del posto. I gruppi dei discendenti dei conquistadores, successivamente, organizzarono spedizioni, chiamate "bandeiras" (bandiere), nell'entroterra brasiliano per reclamare le terre in nome della corona portoghese, catturare indios e cercare oro e pietre preziose.
Quando le spedizioni dei portoghesi cominciarono a spingersi sempre più verso l'interno, i conquistadores travolsero tutti i gruppi tribali che trovarono sul loro cammino. Molti dei sopravvissuti si ritrassero sempre di più verso l'interno, fin nel ventre delle foreste tropicali amazzoniche. Questo ambiente, nonostante fosse ostile per la sopravvivenza, fu l'unica protezione che permise ad alcuni di questi gruppi di arrivare fino ai giorni nostri. Molti gruppi rifiutarono di sottomettersi e praticarono suicidi di massa.


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