I giorni a seguire passarono veloci. Paolo, in
ufficio, era assalito dal lavoro in vertiginoso aumento. Sembrava che tutti i
diavoli dell’inferno si fossero scatenati. Tutti i suoi collaboratori impegnati
su almeno due casi a testa. In fin dei conti, agli altri non chiedeva nulla più
di quanto chiedesse a se stesso. Telefonate e appuntamenti si susseguivano. E
lui, doveva parlare, parlare e ancora parlare. Invece avrebbe tanto voluto
riflettere sui casi e decidere le strategie. Non si muoveva dall’ufficio
nemmeno a pranzo. Stefano aveva delle novità sulla società off-shore. C’erano
stati movimenti di denaro ingenti, aveva scoperto che era rimasto aperto solo
un conto, con poche centinaia di dollari. Inoltre, la società era intestata solo
ai quattro brasiliani, di cui aveva rintracciato i nomi. Paolo sussultò “Non è
possibile. Ci sono anche quattro europei. Devi trovarli”. Stefano spiegò che a
quel punto era impossibile. Il movimento di conti poteva significare che se i
quattro soci europei c’erano stati, se ne erano andati e non potevano essere
rintracciati in alcun modo. Era tardi. Paolo si infuriò come un bufalo e tirò
giù tutti i santi dal Paradiso, e non solo quelli. Attribuì anche parentele e
mestieri, inveendo contro le circostanze, contro i quattro, contro chiunque
avesse anche solo marginalmente qualcosa a che fare, con quel maledetto caso che
lo stava portando alla follia. Stefano uscì dal suo ufficio pallido come un
lenzuolo. Non aveva mai visto il capo tanto incazzato. Si agitò come un leone
in gabbia tutto il pomeriggio, imprecando come un dannato. Chiunque, segretaria
compresa, cercò di girargli alla larga il più possibile. Solo molte ore dopo
riuscì a calmarsi. Riprese il faldone di Marco e ricominciò a leggere dal
principio. Perché doveva pur esserci qualcosa che gli era sfuggito. Sentiva di
avere la soluzione a portata di mano, ma non la vedeva. Lesse e rilesse
documenti. Infine, fece un’ipotesi nuova. E se l’omicidio di Marco non avesse
avuto nulla a che vedere con la società off-shore? Plausibile. I quattro
europei erano svaniti nel nulla in men che non si dica. Avrebbero potuto farlo
in qualunque momento. Una soluzione rapida, che non lasciava tracce. Perché
commettere un omicidio? L’unico movente possibile era che avesse identificato
tutti e otto i soci. No. Lo avrebbero assassinato per strada e sarebbe passato
come omicidio a scopo di rapina. Perché attirarlo in trappola all’aeroporto? Ci
avevano provato e non c’erano riusciti, così avevano giocato il tutto per
tutto? Più ci pensava, più si convinceva che la società off-shore non
c’entrava. L’ultima conferma l’avrebbe avuta dai due nomi mancanti. Gli
italiani. L’occhio cadde su un indirizzo, quello della banca dove lavorava il
tedesco. Cambiava tutto.
Passò il resto della settimana a lavorare su
quel caso, procedendo molto lentamente in quella giungla di informazioni. Infine,
raggiunse una nuova tappa nelle indagini. Doveva ancora svolgere un certo
numero di ricerche, prima di tornare in Brasile, dove avrebbe contattato Paula,
Maria e don Piero. Una strana idea si era insinuata nei suoi pensieri e
parlando ancora con loro avrebbe trovato la chiave per risolvere quel caso. La
società off-shore, non c’entrava. Nemmeno ripensando a quanto gli aveva
riferito Massimo, durante il loro ultimo incontro. Prese il nastro su cui era
incisa la conversazione fra alcuni uomini, che discutevano dei delitti. La voce
di ghiaccio apparteneva a qualcuno che conosceva, anche se in tutto il
gracchiare di quell’incisione rovinata era impossibile individuare altri
dettagli. Con un buon lavoro, si poteva estrapolare la voce ed isolarla da
tutti i rumori. Affidò l’incarico ad uno dei suoi collaboratori. Riprese in
mano la questione della società off-shore e cercò i collegamenti fra i tedeschi
e gli italiani. Trovò un nome. Che appuntò sul moleskin. Doveva saperne di più.
Ripensò anche al banchiere torinese che lavorava con le Cayman. Avrebbe
approfondito. O almeno ci avrebbe provato. Perché in quei dannati paradisi
fiscali vigono leggi impossibili, utili per agevolare fughe in extremis di
furfanti di tutte le specie.
Il venerdì arrivò in fretta, che quasi Paolo
non se ne accorse. Come non si accorse che erano già le otto di sera, mentre
ancora si stava scervellando sul caso di Marco.
Guardò l’orologio e stentò a credere ai suoi occhi. Mezz’ora per raggiungere l’aeroporto. Mister X sarebbe arrivato di lì a poco. Trafelato, raggiunse l’atrio degli arrivi. Si guardava in giro come un forsennato. Il volo era atterrato in anticipo e i passeggeri se ne erano andati tutti. Non lo vide. Perlomeno finché non si voltò in direzione del bar. Era là, sorridente come sempre con quella sua aria scanzonata, che lo guardava.
“E poi, quello inaffidabile sono io?”,
“Ciao canaglia. Come stai?”,
“Benissimo. Il caffè di Torino è sempre il
migliore. Tu come stai?”,
“Incasinato. Peggio che mai. Scusa per il
ritardo. Ero in ufficio…”,
“Mi sembra di vederti. Tuffato nelle tue
carte. A cercare risposte che non trovi”,
“Già. Ma dimmi di te. Hai delle novità?”,
“Non si è fatto vivo nessuno. Però ho
qualcosa di nuovo”,
“Dai andiamo. Ho la macchina qui fuori”.
Mister X lo mise al corrente di quanto aveva
saputo dall’impiegata.
“Uno dei due italiani potrebbe essere quello che
diceva la ragazza del catasto”,
“Come hai fatto a farti raccontare queste
cose?”,
“L’ho invitata in un bel posto. Menù
raffinato, ostriche e champagne. Non regge l’alcol”,
“E tu ne hai approfittato?”,
“Mi ha raccontato spontaneamente delle cose.
Io per non mostrarmi maleducato, mi sono interessato facendo delle domande”,
“Non era questo che intendevo”,
“Alludevi? Ma veramente credi abbia bisogno
di ubriacare una donna per farle perdere la testa? Perché sottovaluti così il
mio fascino?”,
“Continua”, grugnì Paolo,
“Vuoi dettagli erotici?”,
“Finiscila di fare il buffone. Voglio
dettagli sull’italiano”,
“Sulla sessantina. Forse di più. Un bel
signore distinto. Che non le ha fatto nessuna proposta. Per questo l’ha
colpita. E per un’altra ragione che ti spiego dopo. Ha passato molto tempo a
spuntare i faldoni relativi ai terreni di Manaus. A controllare le
registrazioni e modificarle”,
“Cioè?”,
“Pochi giorni prima che tu arrivassi, lui
aveva fatto le variazioni per i passaggi di proprietà. Intestandoli alle varie
società che facevano capo alla società-madre”,
“Non capisco. Volevano che venisse
individuata la società off-shore?”,
“Praticamente si. Chiaramente, questo tipo di
società può sparire da un momento all’altro, e i passaggi interni rimangono
sconosciuti”,
“Questo dice due cose. Che volevano far
sparire le tracce del loro operato e che volevano sganciare i brasiliani. Se
parlano vanno in prigione e senza prove non possono fare accuse. Non c’entra
con la morte di Marco. E’ stato attirato in trappola. Da chi e perché?”,
“Perché escludi questa eventualità? ”,
“A loro non conveniva ucciderlo in Brasile.
Col rischio di sollevare indagini che avrebbero messo in pericolo la società.
Potevano tranquillamente ammazzarlo in Europa. Un incidente. Nessuno avrebbe
indagato. Avvelenarlo in aereo. Cibo avariato. Causa al catering. Lo sanno tutti
che sugli aerei si mangia male”,
“Come lo hanno attirato in trappola?”,
“In aeroporto gli hanno consegnato una
scatoletta che conteneva un anello con la testa di toro. Appartiene a una donna
che per lui era importante. Da qui, in poi faccio supposizioni. Può aver
pensato che lei avesse bisogno. Ha cercato di raggiungerla. Ma ad aspettarlo
c’era il suo assassino. O ha pensato di essere in pericolo, ha cercato di
allontanarsi e lo hanno fatto fuori”,
“Opterei per la prima ipotesi. E non è detto
che sia morto, dato che il cadavere non è stato ritrovato. Il corpo seppellito
qui è quello del barbone”,
“Se non fosse morto, si sarebbe fatto vivo
almeno con i familiari”,
“Dipende”,
“Che vuol dire dipende?”,
“Quanto si fidava di loro. Lasciate credere
che sia morto e mostratevi disperati”,
“I suoi non sarebbero capaci di recitare una
parte del genere. Non avrebbe detto loro nulla. Non erano in buoni rapporti.
Forse ad Andrea”,
“Chi è Andrea?”,
“Il suo migliore amico. Sono sempre stati
uniti. Come fratelli…”,
“Come fratelli o come…?”,
“Che vuoi dire?”,
“Avanti. Non fare il bacchettone. Amanti
voglio dire”,
“Erano grandi amici. Andrea è gay e forse è
sempre stato un po’ innamorato di lui. Marco no. Semplicemente non aveva
pregiudizi. E’ sempre stato suo amico, lo difendeva anche quando eravamo
ragazzi. Addirittura per le sue idee, ci fu un periodo in cui lo etichettarono
e gli fecero il vuoto intorno. Sto parlando di Marco. Dai suoi familiari ai
suoi più cari amici”,
“Tranne tu”,
“Tranne io. In quel periodo ero già andato
via dal paese”,
“Solo per questo?”,
“Potrei fare il grand’uomo… Non so, come
avrei agito. Quando tornai molti mesi dopo, lui se ne era già andato.
All’estero, non so dove. Io partii poco dopo. Ci siamo persi di vista”,
“Tornando alla questione. Questo Andrea
potrebbe sapere qualcosa?”,
“Se sa qualcosa, finora ha tenuto bene il
gioco. Vedrò di parlargli”,
“Quando?”,
“Il prima possibile. Prima della cena per la
vigilia. Preferirei parlargli a quattr’occhi. Oppure vorresti essere presente
anche tu?”,
“Hai proprio iniziato a fidarti. Come
preferisci”,
“Deciderà lui”,
Paolo fermò l’auto nel garage sotto casa. Con
l’ascensore raggiunsero l’appartamento.
“Che bella casa. Da un tipo come te non me lo
sarei aspettato”,
“Che ti aspettavi? Che vivessi in un tugurio,
con le armi piazzate sulle torrette alle finestre e un mastino pronto a
sbranare il primo sconosciuto? Roba da investigatori anni sessanta
post-Vietnam. Lieto di averti sorpreso. Ti faccio vedere la casa”,
“Dove posso lasciare la mia roba?”,
“Ecco la tua stanza. Non ti eri mica illuso
di dormire con me?”,
“Secondo te, ho fatto un paio di milioni di
chilometri per venire a Torino a dormire con te? Sarai anche affascinante ma
non sei il mio tipo”.
Paolo scoppiò a ridere. Chiaro che uno così
faceva impazzire le donne.
“Già che siamo in tema. Ti presenterò Elena. Una
carissima amica. Una donna molto bella. Ti sarei grato se con lei evitassi di
fare il cretino e non ci provassi come fai di solito”,
“Chi è?”,
“La proprietaria dell’anello. E secondo me,
Marco ne era ancora innamorato. Voglio il tuo parere su di lei. Sei estraneo a
tutto e sarai più obiettivo. Sta uscendo da un periodo di crisi e la tua
allegria le farà bene. Capiamoci, sto parlando di pura e semplice amicizia”,
“E ho capito… Mi vuoi presentare una bella
donna, con cui devo fare solo amicizia. Guardare ma non toccare. Giudicare se è
sincera o no. Parlare con lei, stare con lei ma non provarci… Tu sei un sadico.
Ecco qual è il tuo problema?”,
“Per questo motivo verrai anche tu alla cena
della vigilia”,
“Decidi sempre tutto senza chiedere il parere
degli altri?”,
“Generalmente no. Ma ho bisogno del tuo
aiuto. Voglio che tu veda due persone. Non ti dirò i loro nomi, ma dovrai dirmi
se li hai già visti. Se ti fanno venire in mente qualcosa”,
“Credo che l’unica persona che mi farà venire
in mente qualcosa sarà la tua amica”,
“E te la farai passare. Altrimenti ti
disosso”,
“Che carattere. Per forza non trovi una donna
disposta a sposarti”,
“E tu?”,
“Io? L’avevo trovata. Se ne è andata senza
tanti complimenti. Ma lasciamo andare….”,
“Se ti va di parlare, fallo. Pensi che io sia
troppo razionale per capire?”,
“E’ che adesso non mi va. Un’altra volta”,
“Come vuoi. Qui c’è il bagno se vuoi farti
una doccia. L’accappatoio è qui, e gli asciugamani li trovi sul mobile. Hai
tempo anche per riposarti un po’, mentre
preparo la cena”,
“Cucini tu?”,
“Non ti fidi?”,
“Non troppo. Cerca di non fare esperimenti
strani”.
“Sento quando può venire Andrea”.
A tavola nell’ampio soggiorno i due uomini si
fissarono dritto negli occhi. Ciascuno si domandava quanto realmente potesse contare
sull’altro. Decisero di fidarsi fino in fondo. “Andrea farà un salto stasera.
C’è Elena con lui. Che ne pensi?”,
“Per me va bene”, rispose mister X, con un
lieve tremito nella voce,
“Chiamo per confermare”.
Arrivammo dopo mezz’ora. Quando il campanello
suonò, mister X ebbe un sussulto, che non sfuggì a Paolo “Sbaglio o questo
incontro ti agita?”,
“Mi stavo addormentando e il campanello è
stato una mazzata”,
Sulla soglia, Andrea mi precedeva di un
passo. Lui con gli immancabili occhiali da intellettuale, dolcevita bianco,
pantaloni di velluto e giaccone in pelle.
“Bella senza un filo di trucco. Dimostri
dieci anni in meno”, sorrise Paolo.
Mister X rimase in silenzio. Per una decina
di minuti non ritrovò le parole. Muto, intimidito. Strano davvero. Non era
certo tipo da impressionarsi per una donna.
In salotto, osservavo quei tre uomini e
notavo la complicità fra loro. Considerai che l’universo maschile è un mondo a
parte. Noi donne giudichiamo gli uomini troppo duramente. Li ascoltai in
silenzio. Loris, mister X come ogni tanto lo chiama Paolo ancora adesso, era un
bellissimo uomo. Ne ho visti pochi come lui. Affascinante con una vena di
tristezza negli occhi. Quel tanto che basta a scatenare la tenerezza di una
donna. Le idee mi si confusero. Continuavo a fissarlo. Guardavo lui e vedevo
Marco. Mentre il cuore batteva come un tamburo nella testa rimbombava l’eco
delle campane a morto. Stavo perdendo il contatto con la realtà. Ma quel
ragazzo mi ricordava Marco. Trovarmelo di fronte senza preavviso. Senza sapere
della forte somiglianza fisica, mi aveva stordita. Mi era venuto addosso
qualcosa di inspiegabile con una violenza tale da faticare a controllare le
emozioni. Non volevo se ne accorgessero. Avrei voluto piangere, urlare, urlare
e ancora urlare… Rimasi impietrita, con lo sguardo perso nel vuoto. Accesi una
sigaretta. Le tempie mi scoppiavano. Il sangue pulsava e il ricordo bruciava.
Non mi accorsi nemmeno che mi stavano parlando.
“Elena, va tutto bene?”, domandò Andrea
dolcemente,
“Perché?”,
“Sei diventata pallida”, aggiunse Paolo,
“Stanchezza accumulata. E’ stata una
settimana intensa”,
“Dove lavori?”, chiese Loris,
“A Parigi”,
“Fai la pendolare?”,
“Due giorni alla settimana”,
“Che cosa fai di preciso?”,
“La conduttrice in un’emittente televisiva”,
“Parlerai benissimo francese…”,
“Sarebbe un casino se parlassi in italiano”, tentai
di scherzare,
“Cambierai lavoro? Come mai?”,
“Lascio per un’emittente italiana, dove mi
occuperò di Paesi in via di sviluppo.”,
“Cioè?”,
“A diciotto anni avrei voluto partire come
volontaria. Poi, una serie di circostanze mi hanno portata in un’altra
direzione. Questa è la seconda opportunità”,
“Il destino offre sempre una seconda
opportunità. Basta saperla cogliere”, disse mister X,
“Non sempre”, ribattei secca.
Loris raccontò che si occupava di
investigazioni. Aveva girato il mondo, in particolare l’America Latina. E da
lungo tempo non tornava in Italia.
“Di dove sei, esattamente?”, chiesi,
“Torino”, rispose conciso,
“La tua famiglia vive qui?”,
“Sono tutti morti”.
A cena parlammo di noi, di viaggi, delle
nostre esperienze. Era strano parlare con mister X, come con uno di noi. Non
era così estraneo, in fondo anche fra noi vi era molto da riscoprire.
Paolo aveva preparato una cena molto buona. Io
e Andrea ridevamo sotto ai baffi.
“Sono maligni, questi due”, disse a Loris,
“Perché?”,
“Se la ridono perché ai tempi della scuola,
avevo invitato un gruppetto di amici a pranzo da me. Pasta scotta e uova
immangiabili. Non sai per quanto tempo mi hanno preso per il culo. Ancora
adesso. Guardali. Come se la ridono. E si scambiano pure occhiate d’intesa”,
“Dovevi essere un gran pasticcione”,
“Solo in cucina”,
“Con gli anni sei migliorato. Non c’è che
dire. E con le donne com’era?”,
“Lo sapevo. Con te non c’è mai da fidarsi.
Gira, gira, il discorso sempre lì cade. Cerca di fare il gentiluomo. C’è una
signora”,
“Tu cerca di non fare il bacchettone. Eri un
disastro eh?”,
“Un po’ imbranato. Migliorato con gli anni. E
tu com’eri, superman?”,
“Molto, molto innamorato”. Il modo in cui lo
disse non lasciò spazio a commenti. Dal tono, si capiva che la storia era finita
male. Poi, domandò ad Andrea com’era lui da ragazzo.
“Con le donne, vuoi dire?”,
“Di questo stiamo parlando”,
“Io sono gay. Non ho mai avuto una ragazza”,
“E tu?”, disse rivolgendosi a me,
“Confusa”, risposi fissandolo dritto negli
occhi,
“Che strana risposta. Che vuol dire
confusa?”,
“E’ passato tanto tempo.. non ricordo nemmeno
più come stavano le cose”,
“I conti con il passato non li hai ancora
chiusi, vero?”, disse Loris fissandomi in modo strano.
Chiacchierammo ancora. Del Brasile. Di Marco.
Mister X ascoltò ciò che dicevamo con educato distacco. Per lui era soltanto un
estraneo in fondo.
Dopo il caffè, Andrea volle parlare con
mister X a quattr’occhi. Paolo indicò la stanza delle meraviglie, come la
chiamava lui perché era piena di casino. Attrezzi per le riparazioni in casa,
l’asse da stiro e alcune cose che servivano alla domestica, carte e documenti,
navi incomplete in bottiglia, sigari e acciarini. Un caos incredibile in
contrasto con l’ordine perfetto della casa e dell’ufficio.
Loris esclamò “Aha, sapevo che il tugurio
dell’investigatore c’era. Allora è qui la tua tana?”,
“Se non hai di meglio da fare, puoi sempre
dargli una sistemata”.
Io e Paolo sul divano ci chiedevamo cosa mai
Andrea volesse da lui.
“Allora?”, disse Paolo,
“Muori dalla curiosità eh? E io non ti dirò
niente. Morire!”, rispose Loris.
Parlammo della cena della vigilia e Paolo
disse di aver invitato mister X.
“Conoscerai un gruppo di vecchi amici. Ci
siamo ritrovati al funerale di Marco. Passeremo la vigilia di Natale insieme”,
spiegò Andrea,
“Grazie, ma forse non è il caso. Non c’entro
niente”,
“Non fare il timido. Non sei il tipo…”,
Era deciso ci sarebbe stato anche Mr. X.
“Andrea, secondo te, Marco potrebbe essere vivo?”,
“Sei diventato pazzo? Al suo funerale c’eri
anche tu”,
“E’ un’ipotesi. L’uomo sepolto non è lui. Per
ragioni sconosciute Marco ha dovuto, o voluto, far credere di essere morto. Con
i suoi non si sarebbe fatto vivo. Ma con te si. Ti rifaccio la domanda. Si è
fatto vivo con te?”,
“Se fosse, mi avrebbe chiamato. E se io
avessi dovuto fingere di saperlo morto lo avrei fatto”.
“Paolo, pensi che Marco possa essere vivo?”,
chiesi. Sentivo attutirsi l’eco delle campane a morto nella mia testa. Rinasceva
la speranza, piccola come un microbo, si insinuava nella mia carne,
provocandomi un dolore ancora più lancinante di quello precedente. “Era solo
un’idea. Una supposizione folle”, rispose con noncuranza, aprendo un nuovo
abisso, profondo e cupo.
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