sabato 28 dicembre 2024

28 DICEMBRE 2024

 

I giorni a seguire passarono veloci. Paolo, in ufficio, era assalito dal lavoro in vertiginoso aumento. Sembrava che tutti i diavoli dell’inferno si fossero scatenati. Tutti i suoi collaboratori impegnati su almeno due casi a testa. In fin dei conti, agli altri non chiedeva nulla più di quanto chiedesse a se stesso. Telefonate e appuntamenti si susseguivano. E lui, doveva parlare, parlare e ancora parlare. Invece avrebbe tanto voluto riflettere sui casi e decidere le strategie. Non si muoveva dall’ufficio nemmeno a pranzo. Stefano aveva delle novità sulla società off-shore. C’erano stati movimenti di denaro ingenti, aveva scoperto che era rimasto aperto solo un conto, con poche centinaia di dollari. Inoltre, la società era intestata solo ai quattro brasiliani, di cui aveva rintracciato i nomi. Paolo sussultò “Non è possibile. Ci sono anche quattro europei. Devi trovarli”. Stefano spiegò che a quel punto era impossibile. Il movimento di conti poteva significare che se i quattro soci europei c’erano stati, se ne erano andati e non potevano essere rintracciati in alcun modo. Era tardi. Paolo si infuriò come un bufalo e tirò giù tutti i santi dal Paradiso, e non solo quelli. Attribuì anche parentele e mestieri, inveendo contro le circostanze, contro i quattro, contro chiunque avesse anche solo marginalmente qualcosa a che fare, con quel maledetto caso che lo stava portando alla follia. Stefano uscì dal suo ufficio pallido come un lenzuolo. Non aveva mai visto il capo tanto incazzato. Si agitò come un leone in gabbia tutto il pomeriggio, imprecando come un dannato. Chiunque, segretaria compresa, cercò di girargli alla larga il più possibile. Solo molte ore dopo riuscì a calmarsi. Riprese il faldone di Marco e ricominciò a leggere dal principio. Perché doveva pur esserci qualcosa che gli era sfuggito. Sentiva di avere la soluzione a portata di mano, ma non la vedeva. Lesse e rilesse documenti. Infine, fece un’ipotesi nuova. E se l’omicidio di Marco non avesse avuto nulla a che vedere con la società off-shore? Plausibile. I quattro europei erano svaniti nel nulla in men che non si dica. Avrebbero potuto farlo in qualunque momento. Una soluzione rapida, che non lasciava tracce. Perché commettere un omicidio? L’unico movente possibile era che avesse identificato tutti e otto i soci. No. Lo avrebbero assassinato per strada e sarebbe passato come omicidio a scopo di rapina. Perché attirarlo in trappola all’aeroporto? Ci avevano provato e non c’erano riusciti, così avevano giocato il tutto per tutto? Più ci pensava, più si convinceva che la società off-shore non c’entrava. L’ultima conferma l’avrebbe avuta dai due nomi mancanti. Gli italiani. L’occhio cadde su un indirizzo, quello della banca dove lavorava il tedesco. Cambiava tutto.

Passò il resto della settimana a lavorare su quel caso, procedendo molto lentamente in quella giungla di informazioni. Infine, raggiunse una nuova tappa nelle indagini. Doveva ancora svolgere un certo numero di ricerche, prima di tornare in Brasile, dove avrebbe contattato Paula, Maria e don Piero. Una strana idea si era insinuata nei suoi pensieri e parlando ancora con loro avrebbe trovato la chiave per risolvere quel caso. La società off-shore, non c’entrava. Nemmeno ripensando a quanto gli aveva riferito Massimo, durante il loro ultimo incontro. Prese il nastro su cui era incisa la conversazione fra alcuni uomini, che discutevano dei delitti. La voce di ghiaccio apparteneva a qualcuno che conosceva, anche se in tutto il gracchiare di quell’incisione rovinata era impossibile individuare altri dettagli. Con un buon lavoro, si poteva estrapolare la voce ed isolarla da tutti i rumori. Affidò l’incarico ad uno dei suoi collaboratori. Riprese in mano la questione della società off-shore e cercò i collegamenti fra i tedeschi e gli italiani. Trovò un nome. Che appuntò sul moleskin. Doveva saperne di più. Ripensò anche al banchiere torinese che lavorava con le Cayman. Avrebbe approfondito. O almeno ci avrebbe provato. Perché in quei dannati paradisi fiscali vigono leggi impossibili, utili per agevolare fughe in extremis di furfanti di tutte le specie.

Il venerdì arrivò in fretta, che quasi Paolo non se ne accorse. Come non si accorse che erano già le otto di sera, mentre ancora si stava scervellando sul caso di Marco.


Mariah Carey - All I want for Xmas is You

Guardò l’orologio e stentò a credere ai suoi occhi. Mezz’ora per raggiungere l’aeroporto. Mister X sarebbe arrivato di lì a poco. Trafelato, raggiunse l’atrio degli arrivi. Si guardava in giro come un forsennato. Il volo era atterrato in anticipo e i passeggeri se ne erano andati tutti. Non lo vide. Perlomeno finché non si voltò in direzione del bar. Era là, sorridente come sempre con quella sua aria scanzonata, che lo guardava.

“E poi, quello inaffidabile sono io?”,

“Ciao canaglia. Come stai?”,

“Benissimo. Il caffè di Torino è sempre il migliore. Tu come stai?”,

“Incasinato. Peggio che mai. Scusa per il ritardo. Ero in ufficio…”,

“Mi sembra di vederti. Tuffato nelle tue carte. A cercare risposte che non trovi”,

“Già. Ma dimmi di te. Hai delle novità?”,

“Non si è fatto vivo nessuno. Però ho qualcosa di nuovo”,

“Dai andiamo. Ho la macchina qui fuori”.

Mister X lo mise al corrente di quanto aveva saputo dall’impiegata.

“Uno dei due italiani potrebbe essere quello che diceva la ragazza del catasto”,

“Come hai fatto a farti raccontare queste cose?”,

“L’ho invitata in un bel posto. Menù raffinato, ostriche e champagne. Non regge l’alcol”,

“E tu ne hai approfittato?”,

“Mi ha raccontato spontaneamente delle cose. Io per non mostrarmi maleducato, mi sono interessato facendo delle domande”,

“Non era questo che intendevo”,

“Alludevi? Ma veramente credi abbia bisogno di ubriacare una donna per farle perdere la testa? Perché sottovaluti così il mio fascino?”,

“Continua”, grugnì Paolo,

“Vuoi dettagli erotici?”,

“Finiscila di fare il buffone. Voglio dettagli sull’italiano”,

“Sulla sessantina. Forse di più. Un bel signore distinto. Che non le ha fatto nessuna proposta. Per questo l’ha colpita. E per un’altra ragione che ti spiego dopo. Ha passato molto tempo a spuntare i faldoni relativi ai terreni di Manaus. A controllare le registrazioni e modificarle”,

“Cioè?”,

“Pochi giorni prima che tu arrivassi, lui aveva fatto le variazioni per i passaggi di proprietà. Intestandoli alle varie società che facevano capo alla società-madre”,

“Non capisco. Volevano che venisse individuata la società off-shore?”,

“Praticamente si. Chiaramente, questo tipo di società può sparire da un momento all’altro, e i passaggi interni rimangono sconosciuti”,

“Questo dice due cose. Che volevano far sparire le tracce del loro operato e che volevano sganciare i brasiliani. Se parlano vanno in prigione e senza prove non possono fare accuse. Non c’entra con la morte di Marco. E’ stato attirato in trappola. Da chi e perché?”,

“Perché escludi questa eventualità? ”,

“A loro non conveniva ucciderlo in Brasile. Col rischio di sollevare indagini che avrebbero messo in pericolo la società. Potevano tranquillamente ammazzarlo in Europa. Un incidente. Nessuno avrebbe indagato. Avvelenarlo in aereo. Cibo avariato. Causa al catering. Lo sanno tutti che sugli aerei si mangia male”,

“Come lo hanno attirato in trappola?”,

“In aeroporto gli hanno consegnato una scatoletta che conteneva un anello con la testa di toro. Appartiene a una donna che per lui era importante. Da qui, in poi faccio supposizioni. Può aver pensato che lei avesse bisogno. Ha cercato di raggiungerla. Ma ad aspettarlo c’era il suo assassino. O ha pensato di essere in pericolo, ha cercato di allontanarsi e lo hanno fatto fuori”,

“Opterei per la prima ipotesi. E non è detto che sia morto, dato che il cadavere non è stato ritrovato. Il corpo seppellito qui è quello del barbone”,

“Se non fosse morto, si sarebbe fatto vivo almeno con i familiari”,

“Dipende”,

“Che vuol dire dipende?”,

“Quanto si fidava di loro. Lasciate credere che sia morto e mostratevi disperati”,

“I suoi non sarebbero capaci di recitare una parte del genere. Non avrebbe detto loro nulla. Non erano in buoni rapporti. Forse ad Andrea”,

“Chi è Andrea?”,

“Il suo migliore amico. Sono sempre stati uniti. Come fratelli…”,

“Come fratelli o come…?”,

“Che vuoi dire?”,

“Avanti. Non fare il bacchettone. Amanti voglio dire”,

“Erano grandi amici. Andrea è gay e forse è sempre stato un po’ innamorato di lui. Marco no. Semplicemente non aveva pregiudizi. E’ sempre stato suo amico, lo difendeva anche quando eravamo ragazzi. Addirittura per le sue idee, ci fu un periodo in cui lo etichettarono e gli fecero il vuoto intorno. Sto parlando di Marco. Dai suoi familiari ai suoi più cari amici”,

“Tranne tu”,

“Tranne io. In quel periodo ero già andato via dal paese”,

“Solo per questo?”,

“Potrei fare il grand’uomo… Non so, come avrei agito. Quando tornai molti mesi dopo, lui se ne era già andato. All’estero, non so dove. Io partii poco dopo. Ci siamo persi di vista”,

“Tornando alla questione. Questo Andrea potrebbe sapere qualcosa?”,

“Se sa qualcosa, finora ha tenuto bene il gioco. Vedrò di parlargli”,

“Quando?”,

“Il prima possibile. Prima della cena per la vigilia. Preferirei parlargli a quattr’occhi. Oppure vorresti essere presente anche tu?”,

“Hai proprio iniziato a fidarti. Come preferisci”,

“Deciderà lui”,

Paolo fermò l’auto nel garage sotto casa. Con l’ascensore raggiunsero l’appartamento.

“Che bella casa. Da un tipo come te non me lo sarei aspettato”,

“Che ti aspettavi? Che vivessi in un tugurio, con le armi piazzate sulle torrette alle finestre e un mastino pronto a sbranare il primo sconosciuto? Roba da investigatori anni sessanta post-Vietnam. Lieto di averti sorpreso. Ti faccio vedere la casa”,

“Dove posso lasciare la mia roba?”,

“Ecco la tua stanza. Non ti eri mica illuso di dormire con me?”,

“Secondo te, ho fatto un paio di milioni di chilometri per venire a Torino a dormire con te? Sarai anche affascinante ma non sei il mio tipo”.

Paolo scoppiò a ridere. Chiaro che uno così faceva impazzire le donne.

“Già che siamo in tema. Ti presenterò Elena. Una carissima amica. Una donna molto bella. Ti sarei grato se con lei evitassi di fare il cretino e non ci provassi come fai di solito”,

“Chi è?”,

“La proprietaria dell’anello. E secondo me, Marco ne era ancora innamorato. Voglio il tuo parere su di lei. Sei estraneo a tutto e sarai più obiettivo. Sta uscendo da un periodo di crisi e la tua allegria le farà bene. Capiamoci, sto parlando di pura e semplice amicizia”,

“E ho capito… Mi vuoi presentare una bella donna, con cui devo fare solo amicizia. Guardare ma non toccare. Giudicare se è sincera o no. Parlare con lei, stare con lei ma non provarci… Tu sei un sadico. Ecco qual è il tuo problema?”,

“Per questo motivo verrai anche tu alla cena della vigilia”,

“Decidi sempre tutto senza chiedere il parere degli altri?”,

“Generalmente no. Ma ho bisogno del tuo aiuto. Voglio che tu veda due persone. Non ti dirò i loro nomi, ma dovrai dirmi se li hai già visti. Se ti fanno venire in mente qualcosa”,

“Credo che l’unica persona che mi farà venire in mente qualcosa sarà la tua amica”,

“E te la farai passare. Altrimenti ti disosso”,

“Che carattere. Per forza non trovi una donna disposta a sposarti”,

“E tu?”,

“Io? L’avevo trovata. Se ne è andata senza tanti complimenti. Ma lasciamo andare….”,

“Se ti va di parlare, fallo. Pensi che io sia troppo razionale per capire?”,

“E’ che adesso non mi va. Un’altra volta”,

“Come vuoi. Qui c’è il bagno se vuoi farti una doccia. L’accappatoio è qui, e gli asciugamani li trovi sul mobile. Hai tempo anche per riposarti un po’, mentre  preparo la cena”,

“Cucini tu?”,

“Non ti fidi?”,

“Non troppo. Cerca di non fare esperimenti strani”.

“Sento quando può venire Andrea”.

A tavola nell’ampio soggiorno i due uomini si fissarono dritto negli occhi. Ciascuno si domandava quanto realmente potesse contare sull’altro. Decisero di fidarsi fino in fondo. “Andrea farà un salto stasera. C’è Elena con lui. Che ne pensi?”,

“Per me va bene”, rispose mister X, con un lieve tremito nella voce,

“Chiamo per confermare”.

Arrivammo dopo mezz’ora. Quando il campanello suonò, mister X ebbe un sussulto, che non sfuggì a Paolo “Sbaglio o questo incontro ti agita?”,

“Mi stavo addormentando e il campanello è stato una mazzata”,

Sulla soglia, Andrea mi precedeva di un passo. Lui con gli immancabili occhiali da intellettuale, dolcevita bianco, pantaloni di velluto e giaccone in pelle.

“Bella senza un filo di trucco. Dimostri dieci anni in meno”, sorrise Paolo.

Mister X rimase in silenzio. Per una decina di minuti non ritrovò le parole. Muto, intimidito. Strano davvero. Non era certo tipo da impressionarsi per una donna.

In salotto, osservavo quei tre uomini e notavo la complicità fra loro. Considerai che l’universo maschile è un mondo a parte. Noi donne giudichiamo gli uomini troppo duramente. Li ascoltai in silenzio. Loris, mister X come ogni tanto lo chiama Paolo ancora adesso, era un bellissimo uomo. Ne ho visti pochi come lui. Affascinante con una vena di tristezza negli occhi. Quel tanto che basta a scatenare la tenerezza di una donna. Le idee mi si confusero. Continuavo a fissarlo. Guardavo lui e vedevo Marco. Mentre il cuore batteva come un tamburo nella testa rimbombava l’eco delle campane a morto. Stavo perdendo il contatto con la realtà. Ma quel ragazzo mi ricordava Marco. Trovarmelo di fronte senza preavviso. Senza sapere della forte somiglianza fisica, mi aveva stordita. Mi era venuto addosso qualcosa di inspiegabile con una violenza tale da faticare a controllare le emozioni. Non volevo se ne accorgessero. Avrei voluto piangere, urlare, urlare e ancora urlare… Rimasi impietrita, con lo sguardo perso nel vuoto. Accesi una sigaretta. Le tempie mi scoppiavano. Il sangue pulsava e il ricordo bruciava. Non mi accorsi nemmeno che mi stavano parlando.

“Elena, va tutto bene?”, domandò Andrea dolcemente,

“Perché?”,

“Sei diventata pallida”, aggiunse Paolo,

“Stanchezza accumulata. E’ stata una settimana intensa”,

“Dove lavori?”, chiese Loris,

“A Parigi”,

“Fai la pendolare?”,

“Due giorni alla settimana”,

“Che cosa fai di preciso?”,

“La conduttrice in un’emittente televisiva”,

“Parlerai benissimo francese…”,

“Sarebbe un casino se parlassi in italiano”, tentai di scherzare,

“Cambierai lavoro? Come mai?”,

“Lascio per un’emittente italiana, dove mi occuperò di Paesi in via di sviluppo.”,

“Cioè?”,

“A diciotto anni avrei voluto partire come volontaria. Poi, una serie di circostanze mi hanno portata in un’altra direzione. Questa è la seconda opportunità”,

“Il destino offre sempre una seconda opportunità. Basta saperla cogliere”, disse mister X,

“Non sempre”, ribattei secca.

Loris raccontò che si occupava di investigazioni. Aveva girato il mondo, in particolare l’America Latina. E da lungo tempo non tornava in Italia.

“Di dove sei, esattamente?”, chiesi,

“Torino”, rispose conciso,

“La tua famiglia vive qui?”,

“Sono tutti morti”.

A cena parlammo di noi, di viaggi, delle nostre esperienze. Era strano parlare con mister X, come con uno di noi. Non era così estraneo, in fondo anche fra noi vi era molto da riscoprire.

Paolo aveva preparato una cena molto buona. Io e Andrea ridevamo sotto ai baffi.

“Sono maligni, questi due”, disse a Loris,

“Perché?”,

“Se la ridono perché ai tempi della scuola, avevo invitato un gruppetto di amici a pranzo da me. Pasta scotta e uova immangiabili. Non sai per quanto tempo mi hanno preso per il culo. Ancora adesso. Guardali. Come se la ridono. E si scambiano pure occhiate d’intesa”,

“Dovevi essere un gran pasticcione”,

“Solo in cucina”,

“Con gli anni sei migliorato. Non c’è che dire. E con le donne com’era?”,

“Lo sapevo. Con te non c’è mai da fidarsi. Gira, gira, il discorso sempre lì cade. Cerca di fare il gentiluomo. C’è una signora”,

“Tu cerca di non fare il bacchettone. Eri un disastro eh?”,

“Un po’ imbranato. Migliorato con gli anni. E tu com’eri, superman?”,

“Molto, molto innamorato”. Il modo in cui lo disse non lasciò spazio a commenti. Dal tono, si capiva che la storia era finita male. Poi, domandò ad Andrea com’era lui da ragazzo.

“Con le donne, vuoi dire?”,

“Di questo stiamo parlando”,

“Io sono gay. Non ho mai avuto una ragazza”,

“E tu?”, disse rivolgendosi a me,

“Confusa”, risposi fissandolo dritto negli occhi,

“Che strana risposta. Che vuol dire confusa?”,

“E’ passato tanto tempo.. non ricordo nemmeno più come stavano le cose”,

“I conti con il passato non li hai ancora chiusi, vero?”, disse Loris fissandomi in modo strano.

Chiacchierammo ancora. Del Brasile. Di Marco. Mister X ascoltò ciò che dicevamo con educato distacco. Per lui era soltanto un estraneo in fondo.

Dopo il caffè, Andrea volle parlare con mister X a quattr’occhi. Paolo indicò la stanza delle meraviglie, come la chiamava lui perché era piena di casino. Attrezzi per le riparazioni in casa, l’asse da stiro e alcune cose che servivano alla domestica, carte e documenti, navi incomplete in bottiglia, sigari e acciarini. Un caos incredibile in contrasto con l’ordine perfetto della casa e dell’ufficio.

Loris esclamò “Aha, sapevo che il tugurio dell’investigatore c’era. Allora è qui la tua tana?”,

“Se non hai di meglio da fare, puoi sempre dargli una sistemata”.

Io e Paolo sul divano ci chiedevamo cosa mai Andrea volesse da lui.

“Allora?”, disse Paolo,

“Muori dalla curiosità eh? E io non ti dirò niente. Morire!”, rispose Loris.

Parlammo della cena della vigilia e Paolo disse di aver invitato mister X.

“Conoscerai un gruppo di vecchi amici. Ci siamo ritrovati al funerale di Marco. Passeremo la vigilia di Natale insieme”, spiegò Andrea,

“Grazie, ma forse non è il caso. Non c’entro niente”,

“Non fare il timido. Non sei il tipo…”,

Era deciso ci sarebbe stato anche Mr. X.

“Andrea,  secondo te, Marco potrebbe essere vivo?”,

“Sei diventato pazzo? Al suo funerale c’eri anche tu”,

“E’ un’ipotesi. L’uomo sepolto non è lui. Per ragioni sconosciute Marco ha dovuto, o voluto, far credere di essere morto. Con i suoi non si sarebbe fatto vivo. Ma con te si. Ti rifaccio la domanda. Si è fatto vivo con te?”,

“Se fosse, mi avrebbe chiamato. E se io avessi dovuto fingere di saperlo morto lo avrei fatto”.

“Paolo, pensi che Marco possa essere vivo?”, chiesi. Sentivo attutirsi l’eco delle campane a morto nella mia testa. Rinasceva la speranza, piccola come un microbo, si insinuava nella mia carne, provocandomi un dolore ancora più lancinante di quello precedente. “Era solo un’idea. Una supposizione folle”, rispose con noncuranza, aprendo un nuovo abisso, profondo e cupo.

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