Il mattino seguente, Paolo andò in ufficio
prestissimo, voleva controllare se all’anello del cadavere mancava il corno.
Dai rapporti non risultava. Telefonò a Luca, il fratello di Marco e glielo
domandò. L’altro si stupì per quella domanda. A quell’ora del mattino, cercò di
fare mente locale, ma non ricordava. Chiamò mezz’ora dopo e disse che l’anello
era perfetto.
Quell’anello era dunque una copia. Marco non
si sarebbe mai separato da quell’anello. Unico legame che ancora lo univa al
suo grande amore. Possibile che…? Assurdo che Marco si fosse fatto fare una
copia dell’anello da usare in caso di…, anche perché se così era, avrebbe
dovuto architettare tutto con un certo anticipo. E poi, la coincidenza del
pacchetto con l’altro anello. No, troppo contorto. Ma se gli anelli sono due…
Potrebbe averlo fatto riparare. Sarebbe la cosa più logica. Richiamò Luca, per
controllare se l’anello presentasse saldature o qualcosa che somigliasse ad una
ricostruzione del corno. No. Nuovo di pacca. Si trattava di due anelli.
Prese ancora il faldone. Controllò tutti i
rapporti. Dell’anello niente. Gli cadde distrattamente l’occhio sulla scheda
che riassumeva i vari passaggi della società off-shore. Si chiese a che punto
fossero arrivate le ricerche di Stefano. Di sabato in ufficio non c’era
nessuno. Lavoravano soltanto i collaboratori impegnati con i casi fuori sede.
Si decise ad uscire e passeggiò nell’aria
fredda, fino al Valentino. Andò a sedersi al solito posto, sul bordo della
fontana delle stagioni. Osservò a lungo gli alberi senza foglie, l’erba
imbiancata dalla brina, il sole pallido che non riusciva a forare le nubi, e il
rado popolo che si muoveva in quello scenario. Un barbone dormiva rannicchiato
nei cartoni, un ragazzino se ne stava
seduto su un muretto con lo sguardo perso nel vuoto. Un paio di tipacci
parlottavano fra loro e lo osservavano con la coda dell’occhio. Le luminarie
erano spente, e i fili elettrici, penzolavano nel vuoto come in stato di
abbandono. C’era un senso di desolazione. Si lasciò il parco alle spalle e fece
un salto in farmacia da Giovanni.
“Che piacere. Qual buon vento?”, nessuno dei
vecchi amici ci aveva mai messo piede,
“Sono passato a farti un saluto e invitarti a
bere un caffè, se puoi”,
“Volentieri. Signorina, io vado al bar un
momento. Le porto qualcosa?”,
Il bar era poco distante. Al bancone in legno
lucido, parlarono della sera, sarebbero andati anche Luca e Loredana. Insieme
ufficialmente per la prima volta.
Loredana e Luca, contrariamente alle
aspettative, arrivarono con due macchine.
Lei salutò con semplicità; lui mostrò nel
salutarmi un vago disagio che non capii.
Un po’di buonumore con gli anni dell’adolescenza,
malinconia quando Alberto parlò di Marco, senza più rancore ma con nostalgia.
Cadde il silenzio. Lo avevamo lasciato solo.
Loredana si rivolse ad Alberto “Quella notte,
Marco era ubriaco fradicio. Perdonami Elena, per quanto sto per dire. Era
convinto che tu lo tradissi. Che stavi cercando di farglielo capire. Gli dissi
che dopo lo scandalo, ti disgustava. Iniziò a bere come un pazzo. Lo volevo,
avrei fatto di tutto. Quando uscimmo dalla discoteca, non si reggeva in piedi,
mi misi al volante e andai al boschetto. Scoppiò a piangere come un bambino. Lo
presi fra le braccia e cercai di consolarlo. Prima con parole, poi con carezze sempre
più audaci. Mi chiedeva di fermarmi. Diceva che ero la donna di un amico e non
poteva. Si lasciò travolgere dal bisogno di sentirsi amato. Quando tuo padre ci
vide, pensò fosse stato lui a insidiarmi. Lo lasciai credere... Quando capii
che non ci sarebbe stata una seconda volta iniziai a diffamarlo…”,
“Vent’anni per dire la verità. Quasi, quasi
meriti un applauso”, disse Alberto impietoso.
“Tutti ci siamo comportati male”, concluse
Giovanni,
“ Rimettere le cose a posto è impossibile.
Possiamo solo parlarne”, disse Mirella,
“Io non ci riesco”, dissi.
Andrea intervenne “L’ho sentito fino
all’ultimo. Non serbava rancore a nessuno. Ricordava tutti anche se raramente ne
parlava. Non aveva rabbia, solo tristezza per come era andata. Con fatica si
era ricostruito una vita lontano dagli eccessi. Ce l’aveva fatta. Era sereno”.
Andrea parlò della cena di Natale e tutti furono
d’accordo per la vigilia. Tranne Giuliana che non voleva decidere prima di
sapere cosa ne fosse stato di Massimo.
Ci raccontammo. Amori finiti, amori appena
iniziati, nessun amore, grandi amori perduti, grandi ricordi. I primi anni,
erano stati i più difficili per tutti. Intensi, fatti di studio e lavoro. Tutti
impegnati a cercare la propria strada. Con rabbia. Troppa.
Per un verso o per l’altro nessuno era
pienamente soddisfatto. Quella sera, non provai nessuna ostilità per Loredana,
che avevo sempre sentito nemica. Anche lei lasciò il paese e frequentò
Psicologia a Padova. Persino, Luca, il mio ex marito, mi sembrò quasi
simpatico. Nel confronto con Marco, sarebbe risultato perdente chiunque, credo.
Verso l’una qualcuno se ne andò. Per ultimi io,
Paolo e Loredana, che si sarebbe fermata in albergo per la notte e il giorno
successivo avrebbe fatto visita ai suoi. Aveva rapporti blandi con la famiglia,
che non condivideva il suo stile di vita.
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