martedì 17 gennaio 2023

CRIME: TRUFFE & CO

Dispositivo dell'art. 640 Codice Penale

FontiCodice PenaleLIBRO SECONDO - Dei delitti in particolareTitolo XIII - Dei delitti contro il patrimonioCapo II - Dei delitti contro il patrimonio mediante frode

(Fonte Brocardi.it)




Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549:
1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o dell'Unione europea o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;
2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità [649];
2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente.

L'articolo in oggetto è posto a tutela del patrimonio e della libera formazione del consenso in seno al soggetto passivo. Più nello specifico, la punibilità non deriva solamente dalla lesione alla sfera patrimoniale del singolo, già tutelato dalla disciplina in materia di contratti, bensì anche dell'interesse pubblicistico a che non sia leso il dovere di lealtà e correttezza e la libertà di scelta dei contraenti. Tuttavia, non bastando la mera violazione di un tale dovere, per la consumazione del reato è richiesta anche una effettiva lesione del patrimonio altrui, conseguendo un ingiusto profitto.

L'ipotesi di reato in questione rappresenta un reato in contratto, caratterizzato dal comportamento illecito manifestato nel corso della formazione dell'accordo.

Data la precisa formulazione letterale, trattasi inoltre di reato a forma vincolata. Viene infatti punito chi, ricorrendo ad artifizi o raggiri, induce taluno in errore, determinando uno spostamento patrimoniale in favore del colpevole.

Per artifizio va intesa la simulazione o la dissimulazione della realtà, in modo da indurre in errore il soggetto passivo.

Per raggiro deve invece intendersi ogni macchinazione atta a far scambiare il falso con il vero.

Nonostante l'accennata naturale necessariamente causale del reato, la giurisprudenza ha gradualmente finito per svalutare il ruolo della condotta enucleata, al fine di ricomprendervi anche il mendacio o il silenzio, quando, per le modalità concrete, appaiano idonei ad ingannare. Anche il silenzio maliziosamente serbato da parte di chi abbia il dovere di informare l'altro contraente su determinate caratteristiche dell'affare può dunque integrare il reato di truffa.

Gli artifizi o i raggiri devono essere idonei ad indurre in errore la vittima. L'errore può ricadere indifferentemente sui motivi, su uno dei vari elementi elencati dall'articolo 1429 c.c. O su qualsiasi aspetto della realtà fattuale che abbia determinato la volontà contrattuale del soggetto passivo.
L'atto di disposizione patrimoniale è un elemento costitutivo del reato, motivo per il quale si nega la sussistenza del delitto qualora il raggirato non abbia in concreto i poteri rappresentativi per incidere sulla sfera patrimoniale del rappresentante.

La giurisprudenza prevalente ritiene inoltre che la truffa si configuri anche laddove il dolo incida solamente sulla fase esecutiva del negozio, di modo che gli artifici o i raggiri siano in grado di produrre l'ingiusto profitto ed il contestuale danno.

Per danno si intende una effettiva perdita patrimoniale nei termini di lucro cessante e di danno emergente, mentre per profitto si intende anche un vantaggio di natura non patrimoniale, come nel caso di mera soddisfazione psicologica derivante da un desiderio di rivalsa o di vendetta personale.

Per quanto concerne l'elemento soggettivo, la truffa è punibile a titolo di dolo generico, con conseguente irrilevanza degli scopi perseguiti.

Il secondo comma disciplina varie ipotesi di circostanze aggravanti specifiche, giustificate dalla particolare qualifica del soggetto passivo o dalle particolari modalità delle condotta.

La condotta nel delitto di truffa può consistere sia in azioni che in omissioni, sia in atti materiali che in atti psicologici, purché siano diretti ad indurre in errore.
Il modo della manifestazione di questi atti, tuttavia, è tassativizzato dalla norma, e cioè, dovrà consistere in forma alternativa, in artifizi o raggiri. Per quanto detto, qualora la manifestazione si differenziasse da tale forma, non sussisterà il reato di truffa.

Per artifizio si intende qualsivoglia simulazione o dissimulazione della realtà che crei una falsa apparenza volta ad alterare la conoscenza del soggetto passivo del reato, col fine precipuo di indurlo in errore. (Es. tacere su qualità o difetti di un bene, fingersi esercente di una professione ecc.);
Per raggiro si intende l'inganno mediante finzioni artificiose che agiscono all'interno della sfera intellettiva e psicologica del soggetto passivo creando erronei motivi che ne determinano volontà e condotta. (Es. l'invenzione di timori insussistenti o risoluzioni fittizie imminenti ecc.).
Per la realizzazione della fattispecie di truffa, la condotta del reo dovrà indurre in errore, non bastando che sia astrattamente idonea a farlo. L'errore del soggetto passivo, dunque, dovrà essere la diretta conseguenza degli artifizi e raggiri.
L'idoneità degli artifizi e raggiri andrà stabilita in relazione alla situazione di fatto realizzata, e perciò, attraverso le qualità e le condizioni della vittima o anche ai suoi rapporti col soggetto attivo.
Come detto, in tale reato, il ruolo della vittima è integrante della fattispecie: attraverso la sua condotta, mediante un atto di disposizione, il soggetto passivo creerà la cooperazione artificiosa che provocherà la lesione dei suoi stessi interessi patrimoniali.
L'oggetto materiale è la persona del soggetto passivo, nell'aspetto psicologico, sul quale agisce la condotta criminosa. Quest'ultima manipola le facoltà conoscitive, sentimentali e volitive, creando una falsa rappresentazione o emozione che induce in errore, o comunque ad un atto di volontà viziato.
L'evento nel reato di truffa può suddividersi in due momenti: il primo, in via immediata, è l'alterazione della sfera psicologica del soggetto passivo, interdipendente dalla condotta criminosa, per la quale la vittima si rappresenta qualcosa con una deviazione dal vero. Il secondo, in via mediata, è l'atto di volontà del soggetto passivo, dipendente da motivi viziati, che si manifesta attraverso il consenso, attraverso il quale il colpevole consegue l'illecito profitto con danno altrui.

La manifestazione di volontà, viziata dall'errore, è preceduta dall'induzione, e dovrà essere antecedente al conseguimento del profitto. Per forza di ciò, se il consenso della vittima non è preceduto dall'induzione in errore, che lo vizia, dando causa anche al profitto del reo, è da escludere la sussistenza del delitto di truffa.
Il momento consumativo del delitto di truffa si verifica con l'effettivo conseguimento dell'ingiusto profitto dipendente dagli artifizi o raggiri.
Per ingiusto profitto si intende l'ingiusto vantaggio o utilità conseguito dal reo attraverso la sua condotta.

Il reato si perfezionerà nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore abbia fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo (il danno altrui).
Ne conseguirà che la truffa è un reato a carattere istantaneo con effetti permanenti.
Sarà possibile la configurazione del tentativo (56 c.p.) qualora siano posti in essere artifizi e raggiri idonei e non equivoci ai quali non sia seguito l'ingiusto profitto, per una causa non dipendente dalla volontà dell'agente.

L'elemento psicologico della truffa consiste nella volontà e nell'intenzione di indurre taluno in errore mediante artifici o raggiri, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. La giurisprudenza ritiene che l’elemento soggettivo del delitto di truffa sia "costituito dal dolo generico, diretto o indiretto, avente ad oggetto gli elementi costitutivi del reato (quali l’inganno, il profitto, il danno), anche se preveduti dall’agente come conseguenze possibili, anziché certe della propria condotta, e tuttavia accettati nel loro verificarsi, con conseguente assunzione del relativo rischio".
Si escluderà il dolo, invece, qualora il soggetto attivo agisca per imprudenza o non sapendo di porre in essere un inganno o non avendo alcuna intenzione di indurre in errore o, ancora, non abbia alcun fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto.
Il dolo sarà comunque escluso qualora l'agente voglia conseguire un profitto che ritenga giusto, perché fondato su una pretesa lecita.

Non vengono in rilievo i motivi che possono avere spinto il soggetto ad agire.
Le circostanze aggravanti speciali del reato di truffa si configurano:se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico;
se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità;
se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61 n. 5 c.p. (l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo, di persona, anche in riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa). - Questo numero (2 bis) è stato aggiunto dall'art. 3, comma 28, della L. 15 luglio 2009, n.94.
La pena per il reato di truffa semplice è quella della reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032, per il reato di truffa aggravata è quella della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549.

Ipotesi di truffa con dematerializzazione del danno

Il danno è la "diminuzione della strumentalità del patrimonio, cioè della sua capacità di soddisfare bisogni materiali o spirituali del titolare" (MANTOVANI).
Le forme di danno riconosciute dall'ordinamento possono essere così classificate:
1) "danno emergente" e "lucro cessante";
2) incremento delle passività;
3) diminuzione della funzione strumentale del patrimonio;
4) turbativa del godimento della cosa.
Il danno, così come classificato, in forza del principio di offensività, andrà verificato concretamente di volta in volta per ogni fatto-reato. Secondo questa premessa, non sussisterà un delitto contro il patrimonio qualora manchi il danno patrimoniale o comunque non venga dimostrata la diminuzione effettiva della strumentalità patrimoniale (es. il mancato godimento della cosa).
La giurisprudenza prevalente, non esente da critiche, ha comunque ideato alcune fattispecie di truffa che si concretizzano nella "dematerializzazione" o "depatrimonializzazione" del danno, nello specifico: la truffa contrattuale e la truffa per l'assunzione ai danni dello Stato.

La truffa contrattuale consiste nel conseguire una stipulazione di un contratto che il deceptus, se non raggirato, non avrebbe stipulato, o che avrebbe comunque stipulato ma a condizioni differenti. La truffa sussiste indipendentemente dal fatto che il deceptus abbia pagato il giusto corrispettivo della controprestazione effettivamente fornitagli, l'illecito si realizzerà per il sol fatto che si sia stipulato un contratto che, senza gli artifizi e raggiri posti in essere dall'agente, non sarebbe stato stipulato (quantomeno non a quelle condizioni).
Con riguardo a tale tipologia di truffa, la giurisprudenza ha affermato che l'ingiusto profitto e il danno altrui sussistono anche in assenza di una sproporzione tra le prestazioni dei contraenti.
La giurisprudenza individua il momento consumativo della truffa contrattuale "nel momento in cui si realizza l'effettivo conseguimento del bene da parte dell'agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato" (Cassazione Penale, Sezioni Unite, 21 giugno 2000, n. 18).

La truffa per assunzione ai danni dello Stato si configura invece qualora gli artifici o raggiri, mediante la produzione e presentazione di documenti falsificati, siano finalizzati all'assunzione da parte dello Stato nel pubblico impiego.
La giurisprudenza, con sentenza delle Sezioni Unite del 16 dicembre 1998 n. 1, ha individuato il momento consumativo della truffa nell'assunzione del soggetto attivo, il profitto ingiusto nell'acquisizione di un ruolo retribuito e coperto di previdenza sociale da parte del reo, il danno altrui, infine, nelle spese che la Pubblica Amministrazione aveva sostenuto per l'assunzione e per l'impegno di spesa nel bilancio preventivo. Di poi, veniva esclusa dal novero del danno la retribuzione conseguita dal lavoratore, in quanto causalmente orientata a ripagare la prestazione lavorativa eseguita, seppur trattavasi di un lavoratore assunto in maniera truffaldina.

(Fonte Brocardi.it)

Nessun commento:

Posta un commento